“Everything was beautiful at the ballet” canta Sheila in "A Chrous Line", lasciando immaginare, in una manciata di parole, quanto la danza possa essere rifugio e consolazione: ma la leggerezza delle ragazze adorabili vestite di bianco e sollevate da uomini graziosi spesso è un prezzo troppo alto da pagare.
Dalle critiche più caserecce di Alessandra Celentano in "Amici" agli insulti alle ginnaste azzurre da parte delle allenatrici della Federginnastica, come denunciato un paio di anni fa da alcune ex atlete che si erano ritrovate loro malgrado a fare addirittura uso di lassativi per non ricevere umiliazioni verbali sul proprio peso, è risaputo che in certi ambienti il controllo del corpo può sfociare nell’ossessione e non c’è alcun appello che tenga.
Bodyshaming: il lato oscuro della danza
Del resto basta guardare film come "Il Cigno Nero" o più semplicemente "Fame" (Saranno Famosi) per capire quanto sia facile trascendere il confine tra corpo quale strumento di lavoro e il bodyshaming indirizzato soprattutto alle leve più giovani e quindi più indifese.
L’ultima denuncia arriva alla Royal Ballet School, che ha recentemente raggiunto un accordo finanziario con un'ex studentessa, la quale ha affermato che le vessazioni di cui è stata vittima mentre frequentava l’esclusivo Istituto le hanno causato danni psicologici per tutta la vita. Ellen Elphick, 31 anni, aveva affermato che la scuola, con sede a Londra, aveva violato il cosiddetto duty of care, ovvero, il dovere di tutelare la sicurezza fisica, mentale e in generale il benessere dei propri allievi, in ogni circostanza.
La scuola, invece, ha dichiarato di non assumersi alcuna responsabilità per il caso dell'ex ballerina e non ha rilasciato scuse.
"Siamo lieti che entrambe le parti siano riuscite a raggiungere un accordo reciprocamente accettabile in questo modo e auguriamo a Ellen e alla sua famiglia il meglio per il futuro", ha affermato un portavoce della RBS, aggiungendo che la scuola "continua a prendere molto seriamente il benessere dei suoi studenti".
L'anno scorso, quando Ellen parlò alla BBC, raccontò quando, a 16 anni, dopo appena due settimane di formazione, un'insegnante la umiliò pubblicamente tracciando una linea attorno al suo corpo davanti a uno specchio e dicendo: "Se avessi un coltello, taglierei questo". Il commento, ricorda Ellen, l’ha fatta “sprofondare per la vergogna”: le sue lotte contro i disturbi alimentari sono peggiorate da allora. In seguito, ha ricevuto una diagnosi di anoressia atipica e dismorfofobia, peggiorata da commenti analoghi di altre insegnanti.
"Questo accordo mette in luce gli abusi subiti dalle ballerine e la necessità di un cambiamento", ha affermato Dino Nocivelli, dello studio legale Leigh Day, che ha rappresentato Ellen, aggiungendo: "Continuiamo a chiedere un'inchiesta governativa sul bodyshaming nel balletto".
Infatti, Ellen è tra gli oltre 50 ex ballerini che hanno dichiarato alla BBC che all'interno di alcune delle principali scuole di danza del Regno Unito esiste una radicata cultura "tossica" di bodyshaming e bullismo, spiegando che "non era una questione di soldi. Si trattava di far capire alla gente cosa significasse davvero essere una ballerina e di dimostrare che quello che mi era successo era inaccettabile." In seguito, Ellen ha espresso delusione per la mancanza di scuse da parte della RBS. "Il fatto che non siano riusciti nemmeno a chiedere 'scusa' dimostra che c'è ancora molto da fare", ha commentato. Adesso che è diventata mamma, l’ex danzatrice dichiara di voler proteggere la figlia dal mondo del balletto: tuttavia, spera che il suo caso possa portare a una riforma significativa e che le scuole di danza diano priorità alla salute mentale degli studenti, sostenendo al contempo la formazione degli insegnanti affinché comprendano l'impatto delle loro parole: "RBS deve dare l'esempio e dimostrare che la salute e il benessere sono più importanti del semplice ballo: i bambini dovrebbero essere in grado di iniziare a danzare senza esserne danneggiati", conclude.