La crisi di Benetton pare inarrestabile: già chiusi i negozi di Bari, Foggia, Novara, Palermo e Catania, in totale 100 negozi in Italia nel 2024 mentre entro la fine del 2025 è programmata la chiusura, a livello mondiale, di 419 store su 3.500 totali. Si tratta di franchising, protagonisti in passato del successo degli United Colors, ma che per anni non hanno pagato la merce al Gruppo Benetton.
Benetton, 419 negozi verso la chiusura: lavoratori in cassa integrazione
Al via dunque la ristrutturazione aziendale, lanciata dal Ceo Claudio Sforza e sostenuta dalla controllante Edizione che vede al vertice Alessandro Benetton ed Enrico Laghi, rispettivamente presidente e amministratore delegato; la strategia è eliminare gli shop infruttuosi oppure riconvertirli a gestione diretta come avvenuto con il negozio di Bologna. In totale, 191 negozi italiani sono sotto osservazione, di cui 149 franchising in difficoltà: 90 sono in stato di insolvenza per 38 milioni e si riferiscono a un numero ristretto di imprenditori terzi i quali hanno manifestato difficoltà a pagare in modo regolare i propri debiti nel corso degli anni, accumulando uno scaduto riferibile in massima parte a prodotti regolarmente consegnati da Benetton Group e mai pagati dai partner.
Il 63% di questi store sono tra Calabria, Puglia (Foggia) e Sicilia (Catania). Da quando sono stati emessi i decreti ingiuntivi per la riscossione di questi crediti, sono stati recuperati circa 3 milioni di euro. Nel corso del 2025 sarà possibile capire come evolverà la situazione tra i negozi effettivamente chiusi dagli stessi imprenditori terzi e quelli che potranno invece rientrare nella rete diretta, sulla base di specifiche caratteristiche di mercato. A questi si aggiungono poi altri 42 shop diretti in centri più piccoli e in perdita strutturale.
L’obiettivo di Sforza resta quello rifocalizzare e rendere più efficiente la rete distributiva e commerciale. Benetton Group, in questa fase, concentra le forze per un presidio del mercato attraverso una rete di punti vendita meglio organizzata e più efficace, dove principali protagonisti sono i flagship store di proprietà. L’obiettivo da un lato è valorizzare i propri asset mediante l’attenzione alle esigenze dei clienti e un’offerta ad hoc che velocizzi la ripresa grazie a un controllo diretto; dall’altro intervenire sugli shop indiretti dalle performances considerate scadenti. Il piano è stato studiato da Benetton Group per tamponare le perdite ma i numeri sono ancora da definire: nel periodo 2013-2023 l’azienda ha registrato un rosso complessivo di 1,6 miliardi e, solo negli ultimi cinque anni, dal 2018 al 2023, l’azionista Edizione ha garantito un supporto finanziario pari a 800 milioni.
La strategia mirata ai negozi diretti è motivata dalle ottime performance registrate nel post pandemia, anche se ciò naturalmente non è sufficiente per riportare in attivo il bilancio della società a perimetro invariato. Tuttavia, a livello nazionale nel 2024 i flagship Benetton hanno registrato una crescita complessiva delle vendite del +7% sul 2023, con un tasso di conversione, ovvero la percentuale di clienti che effettuano acquisti una volta entrati nello store, del 18,9% e in aumento dell’1% anno su anno nonostante il flusso di persone che entra nei negozi sia in linea con quello dell’anno precedente, e uno sconto medio in leggero ribasso (nel 2024 è stato del 17%, mentre nel 2023 si attestava al 17,2%). Il Gruppo ha visto, inoltre, crescere di oltre 1 euro lo scontrino medio, passando dai 63 euro del 2023, ai 64,3 euro dell’anno che si andrà a concludere tra poche settimane.
Per sancire l’accordo con i sindacati è stato stabilito l’aumento degli incentivi all’esodo volontario fino al 30%, un percorso di ricollocazione a carico dell’azienda ed eventuali impieghi di un anno tramite un’agenzia di lavoro interinale, confermando inoltre la solidarietà con limite individuale al 40% fino a febbraio ’25. In Puglia i lavoratori potranno usufruire degli ammortizzatori sociali, come annunciato da Serena Triggiani, Assessore alla Crisi industriale.