Cultura

"Becoming Led Zeppelin": il mito rinasce in un documentario epocale

Barbara Leone
 
'Becoming Led Zeppelin': il mito rinasce in un documentario epocale
La storia dei Led Zeppelin è un intreccio di leggenda, innovazione e mistero, un racconto che ha plasmato il rock in forme inaudite e che continua a esercitare un'influenza ineludibile. 
Eppure, nonostante il loro status iconico, la loro traiettoria artistica rimane avvolta da un'aura enigmatica. 

"Becoming Led Zeppelin": il mito rinasce in un documentario epocale

"Becoming Led Zeppelin", il nuovo documentario ufficialmente autorizzato uscito recentemente nel Regno Unito e negli Stati Uniti, si propone di colmare questo vuoto, restituendo alla memoria collettiva il cammino irripetibile della band, catturandone quella che è stata definita la "storia non raccontata". 

Dai loro esordi nel 1968 alla consacrazione come uno dei gruppi più influenti della storia della musica, Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones e John Bonham hanno dato vita a un suono che sfida ogni definizione rigida: un amalgama di blues viscerale, hard rock esplosivo, folk evocativo e influenze ritmiche che spaziano dall'Africa all'America Latina. Una fusione ardita, che ha permesso loro di scrivere alcuni degli inni più potenti del rock, mantenendo intatta la loro carica innovativa anche a decenni di distanza.

Realizzato dai registi Bernard MacMahon e Allison McGourty, il documentario rappresenta una naturale evoluzione del loro precedente lavoro "American Epic", che esplorava le prime registrazioni della musica roots americana. 

Stavolta, il focus è su un'unica band, un caso pressoché unico nella storia del rock per la sua capacità di incarnare lo spirito stesso della rivoluzione musicale del XX secolo. 
"Abbiamo esaminato se ci fosse un atto che avesse portato avanti la musica dal secondo dopoguerra agli anni '60 e '70, e che fosse l'incarnazione di quella fase finale della musica del XX secolo, e ci siamo resi conto che erano gli Zeppelin", spiega alla BBC MacMahon, autore con McGourty di un’opera che possiamo definire epocale e che  ha richiesto un'approfondita opera di ricerca al fine di ricostruire una narrazione fedele e avvincente. 

Anche perché ottenere la collaborazione dei membri sopravvissuti del gruppo non è stato affatto semplice, nonostante l’ammirazione di Page, Plant e Jones per il lavoro precedente. "Diventare Led Zeppelin non sarebbe successo senza American Epic", ammette MacMahon. 

La scarsità di filmati d'epoca – conseguenza della rigida politica anti-media imposta dal manager Peter Grant – ha rappresentato poi una sfida non indifferente. 
"Non credo che questo film possa essere realizzato, dato che non abbiamo fatto nessun programma televisivo e Peter Grant cacciava fuori dal locale il pubblico con le cineprese, strappava loro la pellicola e distruggeva le telecamere, quindi non c'è alcun filmato dei nostri concerti di quegli anni", aveva detto Robert Plant. 

Tuttavia, il documentario si avvale di due ore di materiale d'archivio attentamente selezionato, arricchito da fotografie inedite e rare esibizioni dal vivo. Dai primi passi di Page nel circuito skiffle alla giovinezza di Jones come organista di chiesa, fino all'inesorabile ascesa della band, il film offre uno sguardo intimo sui protagonisti, senza mai perdere di vista la potenza evocativa della loro musica. 

L'elemento sonoro è altrettanto cruciale: l'intreccio tra interviste e sequenze musicali segue un ritmo quasi sinfonico, facendo emergere l'anima del gruppo attraverso i loro stessi brani. 

"Abbiamo utilizzato molte tecniche cinematografiche per riportare indietro nel tempo lo spettatore", spiega McGourty. Il documentario sfrutta le canzoni come dispositivi narrativi: mentre assistiamo alla firma del contratto con Atlantic Records, risuona "Your Time Is Gonna Come"; quando Plant racconta i primi tour americani, la colonna sonora diventa "Ramble On"; e nel momento in cui il quartetto si esibisce davanti a un pubblico europeo perplesso, ecco partire le prime note di "Communication Breakdown".

Ciò che emerge con prepotenza è la straordinaria alchimia tra i quattro musicisti, un'intesa quasi telepatica che ha reso il loro sound così inimitabile. 

Come sottolinea il giornalista musicale Phil Alexander, "i Led Zeppelin non sono grandi amici; è davvero ovvio nel film. Il loro cameratismo nasce dall'essere sul palco e dal suonare l'uno contro l'altro. Quella pura musicalità è ciò che li sostiene come persone, e ciò che creano come quartetto non può essere replicato". 

L'impatto del loro repertorio resta intatto nel tempo, capace di catturare nuove generazioni grazie alla sua atemporalità. A differenza di molte band coeve, la loro musica non è un semplice reperto d'epoca: continua a suonare viva, attuale, sorprendente.

Forse anche per questo il docufilm evita volutamente i sensazionalismi che hanno spesso accompagnato la narrazione sulla band. Il film, infatti, si conclude prima che l'apice del successo si trasformi in eccesso e autodistruzione, lasciando volutamente fuori dalla cornice gli episodi più controversi. 

Non si tratta di un'operazione di censura, bensì di una precisa scelta narrativa: il documentario vuole essere una celebrazione della musica, un'opera adatta a ogni pubblico, inclusi i giovani che potrebbero trovarvi un'ispirazione.

MacMahon stesso sottolinea questo intento: "Lo scopo più alto di questo film è dire ai giovani: se hai una passione, lavori duro nel tuo mestiere e perseveri, allora puoi realizzare quei sogni. In un certo senso impari queste lezioni mentre intraprendi il viaggio con loro".

“Becoming Led Zeppelin” è attualmente nei cinema del Regno Unito e ha una distribuzione limitata negli Stati Uniti. In Italia, sarà proiettato come evento speciale dal 27 febbraio al 5 marzo, grazie alla distribuzione esclusiva di Nexo Studios, con il supporto di Radio Capital e MYmovies. Un'occasione imperdibile per chiunque voglia rivivere la magia di una delle più grandi leggende del rock.
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