Politica

Vicenda Almasri: Giorgia Meloni non ci sta e lascia aleggiare l'ombra del ricatto

di Demetrio Rodinò
 

Sino a quando non si apprenderanno tutti i fatti contestati dalla Procura di Roma e relativi all'iscrizione nel registro degli indagati al presidente del consiglio, dei ministri della Giustizia e degli Interni, oltre che del sottosegretario Mantovano, ci si deve limitare all'analisi di quanto accaduto, secondo la ricostruzione del Governo, ma anche della Corte penali internazionale dell'Aia, e fare delle semplici ipotesi.

La liberazione del Comandante della prigione libica di Mittiga, Osama Njeem Almasri, dopo una breve permanenza in carcere, a seguito di un mandato di cattura emesso della CPI, ha avuto subito vasta eco internazionale, anche per le forti reazioni della Corte penale, che aveva emesso il provvedimento sulla base delle deposizioni di molti testimoni, Si tratta di migranti che hanno riferito, per averlo visto con i loro occhi, che Almasri era lui stesso un torturatore di persone - di età, sesso e nazionalità diversi - inermi che, dopo essere state catturate nel deserto libico, erano finite nel lager di Mittiga.

L'arresto era stato eseguito il 19 gennaio. La procura di Torino ha seguito la prassi, inviando una informativa al Ministero della Giustizia. Dopo due giorni, nei termini delle 48 ore previste dalla legge come tempo massimo di detenzione e senza che fosse giunta una risposta dal ministero della Giustizia, Almasri è stato scarcerato e, come ha riferito il ministro Piantedosi, immediatamente espulso perché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale.

Rimpatrio che è stato eseguito caricando Almasri su un volo di Stato e recapitandolo direttamente in Libia, dove è stato accolto come un eroe. 

Questi in breve i fatti. 

Ma la faccenda da giudiziaria rischia di diventare anche politica, forse soprattutto politica, perché la reazione di Giorgia Meloni alla notifica dell'incriminazione è stata sin troppo di pancia, attaccando frontalmente il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, per l'esito del processo a Matteo Salvini, conclusosi con una assoluzione. 

Forse la sorpresa, mista a rabbia, ha causato una reazione giustificabile umanamente, ma un po' fuori le righe, venendo da un presidente del Consiglio. Anche quando ha fatto il nome di chi, con una denuncia, ha generato l'avvio di una azione penale (l'avvocato Luigi Li Gotti), ne ha ricordato il passato politico, ma anche il ruolo di difensore di mafiosi. Cosa che forse poteva essere risparmiata, considerato che, avendo tutti il diritto ad essere difesi, i mafiosi o presunti tali, non essendo possibile per l'ordinamento italiano di rappresentarsi in giudizio, da qualcuno debbono pure essere tutelati. Poi, dopo avere raccontato i fatti, Giorgia Meloni ha toccato uno degli argomenti che da sempre - come avrebbe potuto raccontare Silvio Berlusconi - le sta più a cuore: ''non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. E' possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura''. 

Insomma, per difendersi da accuse che sono tutte da provare - e che peraltro si muovono in una zona tradizionalmente scivolosa dei rapporti con organismi sovranazionali con cui si possono anche marcare differenze -  Giorgia Meloni ha scelto argomenti politici, dicendo di non essere ricattabile. Ora che questo sia il caso è presto per saperlo, ma di certo, delineando un possibile scenario in cui gliela si vuol fare pagare per quello che fa da premier, di fatto lascia capire che ci sono forze (quelle forse del deep State?), che le sono contrarie e che fanno di tutto per tagliarle la strada.

Se non è una guerra dichiarata con la magistratura ci siamo molto vicini, perché, ad un atto dovuto (gli indagati debbono essere messi a conoscenza della loro condizione), si risponde l'ipotesi di un disegno preciso, di cui, a questo punto, sarebbero protagonisti anche dei giudici.

Verrebbe quindi da chiedersi cosa, trattandosi di accuse che poggiano, almeno per quello che se ne sa oggi, su una base friabile, potrebbe fare Giorgia Meloni nel caso di una archiviazione, che è ipotesi affatto remota. 
Pure se i fatti ci sono, anche la verità è interpretabile. 

Ad esempio, cosa ha impedito di spedire fuori dall'Italia Almasri come un privato ancorché pericoloso cittadino con un volo di linea e non con un jet della flotta dello Stato? Aereo che, non viaggiando alimentato da cicoria, quando si sposta ha un costo, piccolo o grande poco importa, ma che ricade sullo Stato, noi, voi, tutti e questo è un fatto oggettivo. 

Che sia questo ad avere determinato nel peculato l'accusa? 

Per il favoreggiamento il discorso si fa più complesso e magari forse si farà ricorso a strumenti di tutela per la sicurezza nazionale per spiegare (o no) e giustificare (o no) l'accaduto, tra mancate o approssimative risposte e rimpalli di responsabilità.

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