Economia

Modifica al Testo unico della finanza? Un bavaglio ai piccoli azionisti

di Redazione
 
Modifica al Testo unico della finanza? Un bavaglio ai piccoli azionisti

Ogni qual volta l'opposizione si accorge di strane manovre, di piccoli, ma sostanziali aggiustamenti, in una legge che ne riforma un'altra, che a sua volta aveva fatto lo stesso con la precedente, il governo ritira fuori la figura mitologica della ''manina', definendo così chi, senza che l'esecutivo ne sia a conoscenza, cambia le regole.

'Aggiustamenti' che mirano a stravolgere le regole del gioco, ma, guarda caso, solo per favorire il banco e che sono sempre pronti a emergere. E che, quando vengono scoperti, si tende a ridimensionare, infilandoli nel deprimente capitolo dal titolo ''chi mai l'ha scritta questa cosa qui?'', scatenando la caccia all' ''incolpevole colpevole'' di turno, magari un oscuro mezze maniche, di quelli che stanno nella scrivania in fondo, su cui scaricare il peso della responsabilità

Una di queste ''glosse'' è quella, ha denunciato il Partito democratico, finalmente attento anche a quel che accade nel mondo delle società e della finanza, che ''allenta le regole per accertare il concerto tra soci nelle operazioni di mercato''.

Una frase che, per come è stata formulata, potrebbe non essere colta appieno, nel suo contenuto, che per questo cerchiamo di spiegare: se questa modifica, contemplata nella riforma del Testo unico della finanza, passasse, verrebbe colpita a morte, anzi proprio ammazzata la capacità del socio di minoranza di alzare il dito, nelle assemblee, per dire al CdA di turno: fermi tutti, vogliamo dire la nostra.

Perché, a modifica ratificata, la voce di chi dissente sarebbe silenziata, rendendo possibile ascoltare solo quella dei detentori della maggioranza e, quindi, negando ai piccoli soci di esprimere dissenso, ovvero di negare il concerto, opponendosi.

Insomma, avendo le società solo la faccia della maggioranza (e non esistendo, per chi dissente, il modo di rendere palese la sua opposizione), ogni decisione sarebbe paludata da un unanimismo che nei fatti non esiste.

Con tanti saluti per il potere di rappresentanza, negato, cancellato o, se più aggrada, irriso e preso in giro.

Il Pd è intervenuto chiedendo che il Governo ''ritiri immediatamente la norma della riforma del Testo Unico della Finanza che allenta le regole per accertare il 'concerto' tra soci nelle operazioni di mercato". Era una scelta discutibile già in partenza: trasformare presunzioni oggi chiare e stringenti in semplici presunzioni relative significa rendere più difficile individuare accordi occulti, ridurre le tutele per gli azionisti di minoranza e indebolire la capacità di vigilanza delle autorità. Oggi, però, dopo l’inchiesta sull’operazione MPS–Mediobanca, sarebbe irresponsabile intervenire su questa materia. Mentre la magistratura accerta fatti potenzialmente molto gravi, il Governo non può pensare di modificare proprio le norme che servono a garantire trasparenza e correttezza nel mercato finanziario''.

Il Pd, mettendo da parte il fioretto, ha sparato a palle incatenate contro l'azione del governo e la sua proposta di rendere più ''morbide''' le regole sul concerto che, se passasse, dice il Partito democratico, ridurrebbe la trasparenza, aprendo la strada a quelle pratiche opache che stanno emergendo oggi, nonostante la difficoltà di definirne contenuti e obiettivi.

Trasformare presunzioni oggettive e facilmente dimostrabili in presunzioni relative, infatti, ad avviso del Pd, renderebbe complicata l’individuazione di eventuali accordi nascosti, con un danno evidente per gli azionisti di minoranza, che perderebbero ogni strumento per a chi è al timone delle società.

Peraltro, per il Pd, se la modifica fosse approvata, ne uscirebbe ridimensionata la capacità della Consob di svolgere la sua funzione di controllo e vigilanza, che invece sono vitali per tutelare i piccoli investitori e garantire la correttezza delle transazioni.

Il Pd poi esprime l'auspicio che la magistratura faccia chiarezza sul dossier MPS, ammonendo il governo a non indebolire le norme fanno da argine agli accordi occulti.

''È il momento della prudenza, non delle scorciatoie'', dice il Pd, ricordando come la trasparenza delle operazioni e la tutela degli azioni non possono essere rese meno cogenti da una riforma che dice di volere modernizzare il sistema. 

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