Cultura
Ornella Vanoni, l’ultima carezza di una voce senza fine
di Redazione

Milano si è fermata nella notte in cui la voce più riconoscibile della musica italiana ha smesso di cantare. Ornella Vanoni è morta nella sua casa di Brera, a 91 anni, stroncata da un arresto cardiocircolatorio. Un malore improvviso, la chiamata al medico personale, l’arrivo tempestivo del 118, nulla è bastato. La città che l’aveva vista nascere, vivere e diventare un’icona la saluta ora con un silenzio che pesa come un addio impossibile da accettare.
Nata nel 1934, allieva del Piccolo Teatro di Strehler, Vanoni aveva attraversato quasi settant’anni di musica e spettacolo guidata da una cifra artistica unica, quella voce calda, vellutata, inconfondibile, che sapeva tenere insieme fragilità ed eleganza, malinconia e ironia. Dalle canzoni della mala alla raffinatezza del jazz, dalle interpretazioni scritte per lei da Paoli, De André, Dalla e Conte, fino ai classici che hanno attraversato generazioni, Senza fine, L’appuntamento, Che cosa c’è, Vanoni è stata una delle rare artiste capaci di imprimere il proprio timbro alla cultura di un Paese intero.
A ricordarla per primo è stato un vicino di casa: “Cantava ogni sera, a mezzanotte”, racconta con emozione. “Aveva una vitalità unica al mondo”. Un’immagine che restituisce la sua essenza, una donna che ha fatto della voce un gesto quotidiano di libertà. Le sue ultime telefonate, rivelate dal critico Maurizio Porro, parlavano di dolori improvvisi, di una clinica da raggiungere “perché sono bravissimi”, di una fatica che però non intaccava la sua lucidità, né la sua ironia: “Fingo, recito la parte, ma sto malissimo”, aveva detto, sorridendo, a Fabio Fazio nella sua ultima apparizione del 2 novembre.
Milano la celebra come una figlia prediletta. Il sindaco Giuseppe Sala ha offerto alla famiglia la camera ardente a Palazzo Marino o al Piccolo Teatro, il luogo dove tutto era cominciato. E c’è chi ricorda la sua richiesta, mezza seria, mezza ironica, di un’aiuola “tutta per me, in centro”, come se perfino nella leggerezza sapesse raccontare il bisogno umano di lasciare un segno.
Le reazioni dal mondo della musica sono un coro di affetto e smarrimento: Pausini, Mannoia, Ramazzotti, Emma, Mahmood, Vasco, tutti legati a lei da un filo invisibile fatto di stima, ironia e libertà. Renato Zero le ha dedicato un pensiero struggente, parlando di “una luce che si è spenta sulla scena della vita” e di una complicità irripetibile.
Vanoni è stata una donna coraggiosa, in scena e nella vita. Non ha mai nascosto fragilità, amori difficili, errori, il rapporto complicato con il figlio Cristiano. “Ho sofferto, ma mi sono assolta”, disse con quella schiettezza che l’ha resa ancora più amata negli ultimi anni. E, in un’intervista recente, aveva confessato: “La vecchiaia mi ha reso libera. La morte è vicina”. Ma lo disse senza paura, con quella serenità di chi sa che la verità è un atto d’amore.
L’11 giugno aveva ricevuto la laurea honoris causa dalla Statale di Milano: “Io non ho mai studiato. I miei sarebbero impazziti dalla gioia”, disse ridendo, con l’umiltà dei grandi. Era ancora la bambina del Piccolo, l’interprete raffinata, la donna che si guardava allo specchio “con tenerezza”, consapevole che la bellezza cambia ma non scompare.
Oggi l’Italia perde una delle sue voci più luminose, una donna libera, un volto indimenticabile della cultura nazionale. Ma c’è qualcosa che resta, più forte dell’addio. Quella voce, “senza fine”, capace di attraversare il tempo, consolare malinconie, accarezzare memorie.
La sua Milano, e l’Italia intera, continueranno a sentirla cantare.