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Investe e uccide una ragazza e fugge: ecco il prete che non vorremmo mai incontrare
di Barbara Leone

Ci sono i preti anti-mafia, quelli che combattono le aggressioni al territori, quelli di strada che portano aiuto ai più fragili e a chi non ha nulla. E poi ce ne sono altri: no, non sto parlando di quelli che si macchiano di abusi sessuali (lo so che sono una minoranza, ma una mela marcia infetta tutto nel giudizio della gente). Ma di un prete in particolare: quel pezzo di... tonaca che, poche sere fa, alla guida della sua autovettura, ha investito una ragazza, che era a bordo della sua moto, e anziché fermarsi per portarle soccorso è fuggito come l'ultimo dei codardi.
E' accaduto in Puglia. Fabiana Chiarappa, soccorritrice in servizio nel 118 di Turi e giocatrice di rugby, stava percorrendo con la sua moto, diretta ad un impianto di distribuzione di carburanti, la statale 172 dei Trulli. Speronata da una vettura, Fabiana non ha avuto scampo. Grazie alle telecamere di una stazione di servizio, i carabinieri, controllando tempi e distanze, hanno ritenuto di avere individuato l'auto investitrice e, quindi, chi era alla guida. Appunto un sacerdote.
Un prete alla guida: l’indignazione per la fuga dopo l’incidente mortale
Ora, senza volere essere particolarmente prevenuti e senza, quindi, volere assolvere nessuno, chiunque investe e scappa deve essere punito. Ma se chi investe e scappa è un sacerdote, un uomo di quel Dio che invoca e prega celebrando la messa o distribuendo i sacramenti, che, tenendo in mano l'ostia tengono in mano il figlio di Dio, non ci può essere comprensione. Anche perché forse Fabiana, morta nel giro di pochi istanti, sempre se credeva, poteva ancora presentarsi al cospetto di Dio pentendosi o avendo ricevuto l'ultima benedizione. Ma lui, il prete assassino, non ha pensato a questo. Ha pensato solo a scappare, ad allontanarsi dal quel pezzo di strada su cui giaceva una donna che, appena pochi istanti prima, era bella e forte.
Comunque, anche se questo non sposta di un millimetro il giudizio sul sacerdote, sempre che alla fine sia stato veramente lui, come tutto lascia intendere, le ferite subite da Fabiana erano quasi una condanna a morte: una gravissima frattura della scatola cranica, nonostante indossasse il casco; fratture alle gambe e anche una vasta ferita all'addome. In un primo momento, anche per le condizioni dell'asfalto (c'era del terriccio, forse trasportato da uno dei mezzi agricoli che utilizzano la statale dei Trulli), si era pensato che, sbandando, la moto sia andata a sbattere contro un muretto per poi proseguire per molti metri. Poi però primi rilievi tecnici, ma anche l'esperienza, ha spinto i carabinieri a cercare una ipotesi alternativa, magari vedendo il tipo di danni subiti dalla moto, forse non compatibili con l'urto contro il muretto e la scivolata a terra. Per questo hanno visionato i filmati delle telecamere a circuito chiuso e per questo hanno appuntato la loro attenzione su una vettura che andava via veloce, troppo per essere un semplice automobilista di passaggio.
Giustizia terrena e divina: il lungo percorso del sacerdote tra tribunale e coscienza
Ora il sacerdote deve affrontare un iter giudiziario che potrebbe sfociare in un processo, con le accuse di omicidio stradale e omissione di soccorso. E poco importa che Fabiana sia morta sul colpo, perché l'accusa resta. Ma, tra la denuncia, il processo e la sentenza, ci sarà un periodo molto lungo, nel quale il sacerdote dovrà confrontarsi con altri giudici: Dio, che lo perdonerà, e la sua coscienza, che lo braccherà a vita.