Politica

In Liguria vince Bucci, ma anche il principe di Salina

di Demetrio Rodinò
 
Scrivi Bucci, leggi Toti, verrebbe da chiosare alla luce dei primi risultati che vedono l'attuale sindaco di Genova in testa nella corsa alla presidenza della Regione Liguria.  Perché, se Marco Bucci completerà vittoriosamente la marcia di avvicinamento alla presidenza della Regione, lo deve in gran parte all'ombra di Giovanni Toti che, anche dopo essersi dimesso, resta un personaggio molto influente nella politica ligure.

Comunque, come diceva il principe di Salina, nel 'Gattopardo' scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, bisogna cambiare tutto per non cambiare niente. E questa sembra essere la sintesi della candidatura di Marco Bucci che ha certamente capitalizzato la fama di buon amministratore, che si è guadagnato nella sindacatura in un periodo in cui Genova ne ha viste tante, brutte e drammatiche, ma ha goduto di riflesso della perfetta macchina organizzativa che Toti aveva messo su e che è crollata, per così dire, come danno collaterale rispetto alle magagne che si sono consumate dentro, intorno e anche a distanza del porto, che non è solo una finestra sul Mediterraneo, ma un simbolo della genovesità, nel bene, ma, recentemente, soprattutto del male. E forse, cambiare il delicato sistema di pesi e contrappesi su cui poggia l'economia della Liguria e con essa la politica, potrebbe ridursi ad una rifrescata, come quella che si dà dipingendo una parete, ma lasciandone intatti i mattoni che la compongono. 

Bucci, quindi, sovvertendo i pronostici che vedevano avanti, sia pure di pochi voti, Andrea Orlando, ha vinto per una serie di concause che sono andate tutte a suo favore. Perché, se il Partito Democratico si è speso tantissimo (Orlando ne fa parte, anzi è uno di peso dentro il Pd), ottenendo più del 27% dei consensi, stando alle prime proiezioni, i suoi alleati hanno segnato il passo. Addirittura il movimento Cinque Stelle non è nemmeno arrivato al 5 per cento, certificando la profondissima crisi che lo attraversa e che sarebbe riduttivo circoscrivere alla baruffa tra Beppe Grillo (genovese) e Giuseppe Conte. 
La crisi dei 5S è tale perché il partito sembra avere perso la sua forza propositiva, ancorato com'è oggi ad uno schema personalistico in cui al fondatore si è sostituito l'ex ''avvocato del popolo'', entrambi alla ricerca dell'annientamento dell'altro, con tanti saluti a chi crede ancora nel partito e che si sente ormai uno spettatore di uno scontro tra arieti. E, nel risultato finale del voto, potrebbe avere anche avuto un peso (solo la certificazione finale delle preferenze delle singole liste lo potrà dire) il fatto che, ad eccezione delle coalizioni a sostegno di Bucci e Orlando, gli altri candidati presidenti erano tutti a sinistra, ad eccezione di due piccole entità collocabili a destra.   

Comunque, in attesa dell'ufficializzazione dei risultati e, quindi, della messe di dichiarazioni entusiastiche del vincitori (i frontman del centrodestra stanno già affilando le armi), Marco Bucci deve fare i conti con la disaffezione degli elettori che sono andati alle urne in meno del 50 per cento degli aventi diritto. 

Una piaga, quella dell'astensionismo, che in Liguria è anche figlia non solo e non tanto dello scandalo che ha causato le dimissioni di Toti, quanto per avere scoperto che il rapace ''sistema Genova'', quello del sistematico ''do ut des'', ha umiliato una città e coloro che ancora credevano alla buona politica. Si dice che Toti di cose buone ne ha fatte, ma la sola circostanza che, patteggiando, in qualche modo ha ammesso, politicamente parlando e quindi non dal punto di vista giudiziario, che forse certe circostanze erano da evitare, ha resecato il naturale legame che c'è tra chi amministra e chi è amministrato.
Bucci questo lo sa e probabilmente, quando si siederà a comporre il puzzle della giunta e del corollario di incarichi che dalla Regione discendono, dovrà porre attenzione a che le ''cambiali'' politiche che ha dovuto firmare non lo condizionino oltre al lecito, facendo tesoro del recente passato e cercando di evitare di imbarcare personaggi che, seppure hanno cambiato casacca, non hanno cambiato vecchie amicizie, possono solo nuocergli. 
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