L'universo dell'imprenditoria femminile in Italia si rivela un tessuto complesso e vitale, fatto di scelte consapevoli, elevata istruzione e una spiccata attenzione al benessere dei collaboratori. Con 1,3 milioni di aziende guidate da donne (il 22,2% del totale), si tratta di una risorsa preziosa per il Paese, soprattutto nelle economie locali più fragili.
Un nuovo rapporto realizzato da Unioncamere con il supporto del Centro studi Tagliacarne e Sicamera - presentato durante la Tappa di Roma del Giro d’Italia delle donne che fanno impresa e parte del Piano Nazionale dell’Imprenditoria Femminile (Invitalia e Unioncamere per il MIMIT) - ne traccia un profilo maturo, ma ancora frenato da limiti strutturali.
Le donne imprenditrici si distinguono dai colleghi uomini per diversi aspetti: fanno impresa per scelta e autorealizzazione (37% dei casi), non per ripiego; sono più istruite (25% laureate contro il 21% degli uomini); sono attente al capitale umano, con il 28% che adotta misure di conciliazione vita-lavoro (contro il 22% delle non femminili), quota che sale al 40% con una leadership laureata; e sono un motore di occupazione femminile, rappresentando il 54% dei dipendenti al loro interno.
Come sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, si tratta di "una imprenditoria matura, istruita, motivata, con una leadership consapevole", che merita di essere accompagnata e rafforzata.
Nonostante il potenziale, le imprese femminili scontano ancora pesanti limiti: il 96,2% ha meno di 10 addetti, registrando una produttività inferiore del 60% rispetto alle imprese non femminili; il 74% ricorre al capitale proprio o familiare per l'avvio, un fattore che frena la propensione ad investire e innovare; inoltre, a Roma, prima provincia italiana per numero di imprese femminili con quasi 100mila, "un’impresa su 5 è rosa", e la presenza delle donne in posizioni apicali è ancora limitata, come ricorda Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma.
Il rapporto, tuttavia, indica chiaramente la via per un decisivo "salto di qualità": l'uso mirato di capitale finanziario e formazione. Le imprese femminili che scelgono di utilizzare incentivi pubblici e credito bancario (il 37% lo fa, in linea con gli uomini) mostrano risultati straordinari: raggiungono una produttività del lavoro superiore del 33% rispetto alle imprese che si autofinanziano; se all'accesso al credito si aggiunge la formazione del capitale umano, la produttività cresce fino al +40%; e queste aziende hanno una probabilità di investire superiore del +10% (che diventa +14% se investono anche in formazione).
Le imprenditrici mostrano in generale una forte propensione a chiedere sostegni (il 27% li ha già usati), ma chiedono maggiore semplificazione nell'accesso agli stessi, come evidenziato da Prete.
L'imprenditoria femminile è pronta a esprimere pienamente il proprio potenziale. La chiave è nel supporto strutturato che sblocchi gli investimenti e potenzi le competenze, trasformando la "scelta" di mettersi in proprio in un vero e proprio volano di sviluppo per l'intera economia nazionale.