Il centrodestra di governo non perde occasione per ribadire la sua compattezza, l'essere coeso contro la cose brutte della sinistra, che ormai è diventata come l'uomo nero delle favole. Tutto quello che dice e fa è brutto, sporco e cattivo, anche quando - raramente - afferma cose di buonsenso, ma affidando il compito di spiegarle a personaggi che ormai sembrano avere resecato la connessione con la realtà.
Quindi, Giorgia Meloni ha buon gioco nel proseguire il suo mandato di presidente del consiglio seguendo lo stesso canone di sempre: vantare i successi dell'esecutivo (magari ampliandoli a dismisura, con qualche traccheggio, aspettando tempi migliori), attaccare le opposizioni accusandole di ogni nefandezza (quel ''vittimismo'' che le viene contestato dai suoi avversari); sfuggire il confronto con l'informazione non amica (le sue apparizioni pubbliche sono riservate ormai solo a giornalisti che non le sono certo ostili); preferite gli scenari internazionale a quelli domestici.
Un atteggiamento che parrebbe pagare, se si dà fede ai sondaggi che vedono Fratelli d'Italia costantemente sopra al 30%, con gli alleati a distanza di sicurezza. Ma qualcosa sembra scricchiolare nel quadretto idilliaco che viene disegnato dei rapporti tra il governo e la gente, anche perché da tre anni ci si attende la rivoluzione copernicana annunciata e che non è mai stata tale e comunque limitandosi a singoli settore dello Stato (come la riforma della Giustizia) che hanno impatto relativo nella gente.
Comunque, Fratelli d'Italia col vento in poppa, e non potrebbe essere altrimenti. Anche perché, se Giorgia Meloni non avesse le mani salde sul volante che guida l'andamento dell'esecutivo, i tempi sarebbero molto complicati, soprattutto se si guarda alla reiterazione di episodi che - in un altro mondo e, quindi, in un altro modo di intendere la politica - potrebbero portare all'implosione del governo.
Il punto dolente, come sempre negli ultimi tempi, è la Lega che non vive certo uno dei periodi migliori, dovendo leccarsi le ferite per il ripetersi di rovesci elettorali e lo straniamento seguito, nella base, per avere accolto in seno Roberto Vannacci, al quale è stato concesso di portare, dentro il partito, il suo di partito. Una manovra alla quale Matteo Salvini deve correre ai ripari al più presto se non vuole che l'insofferenza verso la spregiudicatezza delle mosse del generale diventi intolleranza e quindi rivolta tra la sua gente.
Salvini, alla ricerca di argomenti per puntellare la sua figura dentro il governo e nel partito, non perde occasione per alzare i toni. E la sua ultima sortita, quella con cui minaccia le banche di ampliare l'entità del contributo sugli extraprofitti per il fatto che alcuni banchieri hanno contestato la misura, sembra una ripicca personale.
Ma d'altra parte, come meravigliarsene se l'idolo dichiarato di Salvini, Donald Trump, ha deciso di alzare di dieci punti (una enormità) i dazi sulle merci canadesi non avendo gradito uno spot nel quale si ricorda che Ronald Reagan era contrario all'innalzamento delle tariffe?
In tutto questo, Forza Italia va avanti per la sua strada, acquisendo un numero maggiore di consensi e diventando un polo di attrazione anche per quelli che sino a ieri votavano a sinistra e che oggi, davanti all'inconsistenza di Schlein e soci, guarda alla parte dialogante del centro-destra, erede di un liberalismo di cui tanti parlano, ma pochi perseguono. Forza Italia, appunto.
Antonio Tajani, vituperato, attaccato, contestato, anche preso pesantemente in giro, sembra avere capito che per restare al posto in cui si trova deve essere un punto di equilibrio dell'azione di governo, proponendosi come un polo di buonsenso, rispetto agli estremismi verbali di qualche suo alleato.
Una lunga marcia, per dirla come Mao, ma che necessita di una grande capacità di tenere botta alle sfide della politica. Che poi alla fine sia la scelta vincente, ad oggi, non è possibile dirlo. Ma i segnali ci sono tutti.