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Da Roccaraso a “Rocca-Caos”: cronaca di una domenica low-cost in montagna

di Barbara Leone
 

Quando ho letto dell’epopea di Roccaraso, nella mia mente si è acceso un flash: “Il Conte Max”. Ve lo ricordate Alberto Boccetti, il povero giornalaio reso immortale da Alberto Sordi, che raccontava con orgoglio del suo Capodanno a Capracotta? “Capracotta? Mai sentito nominare…”. E lui, con quell’entusiasmo ingenuo e sincero: “È il paese di nonno, signor Conte! Alta montagna, bello eh… lo chiamano la piccola Cortina!”. Una parentesi di gloria subito stroncata dalla stoccata elegante e spietata del Conte Max Orsini Varaldo, interpretato da un impeccabile Vittorio De Sica: “Tu hai mai visto Cortina? E allora perché dai giudizi? Prima vedi e poi dai giudizi, senti a me”. E però diciamolo chiaro e tondo: per l’orda di moderni “Boccetti” che domenica scorsa si sono riversati su Roccaraso con l’entusiasmo di chi ha trovato una Louis Vuitton su Aliexpress, il consiglio del Conte Max è inappropriato. Non è “vedi e poi dai giudizi” il mantra che ci serve. No, la vera salvezza – per Roccaraso e forse anche per l’umanità intera – è un’altra: non vedere, non andare, stattene a casa. Sì, proprio così: abbraccia il divano, accendi Netflix, contemplati nello specchio e goditi la consapevolezza di non aver contribuito al caos. Perché vi do una news: non è sempre necessario “vivere l’esperienza”: a volte, quasi sempre, la scelta migliore è proprio non farne parte.

Roccaraso ridotta a un campo di battaglia

La verità è che quella di domenica non è stata una semplice giornata di follia collettiva: è stata un sacrilegio. Una bestemmia in chiesa. Perché da sempre nell’immaginario collettivo la montagna rappresenta pace, aria pulita e silenzio contemplativo. Poi è arrivato TikTok, con i suoi pacchetti low-cost e i suoi influencer scatenati, e quella montagna è stata trasformata in un parco giochi a ingresso gratuito per 10.000 persone armate di frittat e maccarun e panini al salame al posto degli sci. Tutto ha inizio con 220 autobus provenienti da Napoli e dintorni (soprattutto dintorni), carichi di turisti animati da una sola mission impossible (molto impossible): conquistare la neve a colpi di canti, balli e sacchetti di plastica usati come slittini. Il tutto, ovviamente, senza mai aver infilato un paio di scarponi nella propria vita. Il prezzo del biglietto? 20 euro, colazione al sacco inclusa. Un affare, certo, ma il vero costo lo ha pagato Roccaraso, un paesino che conta 1491 abitanti, che si è ritrovato invaso da una folla degna di un concerto rock, solo con più diesel e meno chitarre. Il risultato è stato un disastro annunciato: traffico paralizzato, code chilometriche sulla Statale 17 e tempi di percorrenza da incubo che manco sul Raccordo anulare nell’orario di punta. Tradotto: più di sei ore per coprire i pochi chilometri che separano Castel di Sangro da Roccaraso, in perfetto stile anni Ottanta sulla Salerno-Reggio Calabria, ma senza la scusa del ferragosto. E non parliamo degli ingorghi ai parcheggi, dove i pullman si accatastavano come pezzi di Tetris mal incastrati. Sullo stato dei bagni, pochi visto il numero esiguo di esercizi commerciali presenti nel paese, stendiamo un velo pietoso. Una vera e propria sceneggiata, con un regista unico: TikTok e i suoi sguaiati influencer, una su tutti Rita De Crescenzo, che hanno promosso pacchetti “neve per tutti”, trasformando un’innocente domenica in montagna in un festival improvvisato fatto di video, selfie sulla neve per dire “io c’ero”, balli sui pullman e karaoke scatenato cantato a squarciagola.


Certo, la democratizzazione del turismo è una bella cosa, ma a quale prezzo? Quando il risultato è trasformare un tranquillo paese montano in un circo, forse è il caso di fermarsi a riflettere. Perché la neve, contrariamente a quanto sembrano credere alcuni, non è infinita. E nemmeno la pazienza dei residenti. “Non va bene così”, ha dichiarato il sindaco Francesco Di Donato, probabilmente mentre cercava di recuperare un minimo di serenità dopo l’apocalisse del weekend. E come dargli torto? La montagna dovrebbe essere rispetto, silenzio, natura. Non un set di TikTok con casse Bluetooth al massimo volume e sacchi di plastica lasciati come souvenir. “Bisogna intervenire”, ha aggiunto il sindaco, proponendo di limitare gli accessi e gestire meglio il flusso turistico. Ma la vera domanda è: perché è stato necessario arrivare a questo punto? Quando un fenomeno di massa degenera in inciviltà diffusa, forse è il momento di chiedersi se rendere tutto accessibile a tutti sia davvero una buona idea. Certo, i sostenitori del turismo low-cost diranno che è giusto offrire a tutti l’opportunità di godersi una giornata sulla neve. Ma è davvero questo il punto? Forse no. Perché quando il risultato è un paese paralizzato, prati trasformati in discariche e un ecosistema messo a dura prova, forse la soluzione non è aprire le porte a tutti, ma piuttosto educare alla consapevolezza e al rispetto. “Se non te lo puoi permettere, resta a casa”, ha commentato qualcuno, con un cinismo che, per quanto brutale, non è del tutto fuori luogo. Perché il problema non è la gita fuori porta in sé, ma il modo in cui viene vissuta. E quando il turismo diventa sinonimo di disordine e maleducazione, forse è meglio fermarsi e ripensare tutto. In tutto questo, viene quasi naturale provare un pizzico di nostalgia per i tempi del lockdown, quando la montagna era davvero un luogo di pace e silenzio. Scherzi a parte (mica tanto), è evidente che qualcosa deve cambiare. Perché di questo passo, con Roccaraso ridotta a un campo di battaglia e i centri storici delle città divorati da pizzerie e negozi di souvenir, il futuro del turismo sembra un grande, desolante ed irrimediabile caos.

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