Promoveatur ut amoveatur, dicevano i latini che avevano un senso pratico che a noi, italianuzzi del 2025, sembra non appartenere. Nel senso che, mettendo in fila appena tre parole, spiegavano l'essenza stessa della politica, quella che prende decisioni non nell'interesse generale, ma per trovare soluzioni ai problemi dei singoli, in un gioco di pesi a contrappesi che non finirà mai di sorprenderci. Anche se si tratta di cariche che, nel tempo, hanno perso importanza, per una serie di circostanze concomitanti (a cominciare dall'insipienza), la politica dice, non dice, ma soprattutto fa e disfa a dispetto delle evidenze. Prendete la Consob, che, da organismo di controllo delle attività di borsa, ha perso negli anni la consapevolezza del suo ruolo, limitandosi a gettare, qui e là, qualche occhiata distratta, per evitare d'essere considerata una teca di vetro, come quelle che, nei musei, ospitano oggetti vecchi, che, perché superati dal progresso, hanno perso ogni reale utilità. La Consob assiste, con comprensibile distacco, al tramonto del settennato Savona, di cui forse si parlerà in futuro, trovandone aspetti degni d'essere ricordati, ma che, al momento, ci sfuggono.
Negli anni, la Commissione ha perso la sua grande forza propulsiva, perché esercitare un controllo è, di per sé, un momento dinamico, imponendo il rispetto delle regole e, quindi, la necessità che a nessuno venga concesso di aggirarle. E questo vale vieppiù se si pensa che si parla di società che hanno come finalità il lucro e, quindi, la necessità di mettere sempre il segno positivo ad ogni loro iniziativa. L'imminente conclusione del mandato di Paolo Savona ha di conseguenza fatto partite il balletto delle voci, delle indiscrezioni e, come sempre accade, alcuni dei nomi che vengono fatti lo sono soltanto per bruciarli, in un gioco delle parti dove chi questi nomi li fa si aspetta di essere ringraziato, dal possibile beneficiario, quando invece è tutto un gioco di specchi, pronti a spezzarsi alla prima verifica, magari sui titoli che si possono vantare.
Per questo ci fa quasi sorridere leggere l'indiscrezione che vorrebbe Forza Italia spingere per la nomina di Maurizio Casasco a successore di Savona. Dando per scontato che, lo diceva Napoleone (sempre che lo abbia detto e che non ci si trovi davanti all'ennesima invenzione, perché spesso la Storia si inchina al potere), anche nello zaino di un soldato può nascondersi un bastone da maresciallo, viene leggermente difficile capire quali siano le competenze, nelle materie che la Consob deve maneggiare quotidianamente, di Casasco che, rullo di tamburi!!, è un medico, specializzato nella medicina dello sport, della cui Federazione è stato riconfermato presidente nel settembre scorso. La stima nei suoi confronti, da parte dei colleghi, deve essere totale, se è vero che, su 101 voti, lui ne ha ottenuti ''appena'' 100, e fa quasi tenerezza capire chi sia stato il reprobo, il traditore, l'infame. A meno che, come usano fare quelli che capiscono il galateo delle assemblee, lui non si sia votato, lasciando ad altri l'incombenza. In Italia, si sa, spesso non valgono le competenze, quando si tratta di nomine che derivano dal potere politico.
E, nella certezza che da medico dello sport Casasco sia il meglio, resta complicato capirne la qualità per assumere un incarico che, sebbene scoloritosi negli anni, resta di prestigio. Casasco, peraltro, deputato alla prima legislatura, è stato anche presidente della Federazione della piccola e media industria (che è cosa un po' distante dalla Borsa e dalle specificità del suo mercato) e, andando a scandagliare il web, abbiamo trovato un solo riferimento di un suo intervento su e intorno alla Consob. E, senza volere essere irrispettosi, con commenti salaci, lo riportiamo integralmente: ''Un plauso alla Consob e ai suoi vertici per l’iniziativa assunta volta a rilanciare il mercato finanziario italiano, attraverso l’uso della lingua inglese esteso anche alle domande di approvazione dei prospetti informativi per le emissioni obbligazionarie. Si tratta di un’ottima iniziativa, che attirerà investimenti stranieri nel nostro Paese, favorendo l’aumento dei capitali esteri. Ciò avrà certamente un riflesso positivo per gli investimenti sulle nostre pmi quotate e non, che rappresentano il 52% dell’export italiano, pari a oltre 350 miliardi l’anno. L’Italia, come ho avuto modo di sottolineare nel mio intervento al Congresso nazionale di Forza Italia, deve puntare sulle nostre pmi e migliorare la capacità di attrazione di capitali esteri. Con questa iniziativa siamo sulla strada giusta”.
Lasciamo a chi ci legge le considerazioni del caso. Però, talvolta, per fare bene, si rischia di fare peggio perché, per contrastare la candidatura di Casasco (di cui si dice sia un convinto sponsor lo stesso Tajani) , qualcuno ha lanciato quella di Federico Freni, sottosegretario all'Economia e alle Finanze, lui sì un esperto, uno che maneggia con sapienza e competenza la delicata materia di cui si occupa la Consob. Una candidatura forte, forse di più dal punto di vista della preparazione personale rispetto a Maurizio Casasco, che è degnissima persona, ma che con la Consob, a naso, poco c'entra, se non il fatto che la nomina è di competenza della politica. Ma siamo sicuri che mandare Freni a guidare la Commissione sia una mossa azzeccata? Non parliamo delle capacità che tutti gli riconoscono, soprattutto quando si tratta di fare del Governo la sintesi tra diverse istanze (padronato e lavoratori, tanto per dirne una), ma del fatto che spedirlo in Consob significherebbe privare l'esecutivo di una persona preparata, con grandi doti umane e di enorme cultura e di cui si avvertirebbe la mancanza. Doti che andrebbero bene per altri incarichi, che non quello di andare nella teca, sebbene prestigiosa, della Consob. Federico Freni, se ci si consente la definizione, sta bene dove sta e il fatto di essere bravo e preparato non significa volerne decretare l'esilio, sebbene dorato, in Consob, peraltro per sette anni.