Economia
Banche italiane, utili in crescita ma credito al palo, il risparmio spinge i profitti, non l’economia reale
di Redazione

I primi nove mesi del 2025 si chiudono con un altro trimestre record per i principali gruppi bancari italiani. Secondo l’analisi della Fondazione Fiba di First Cisl, i cinque big del credito, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Mps e Bper, hanno registrato un utile netto complessivo superiore ai 21 miliardi di euro, in aumento del 7,3% rispetto allo stesso periodo del 2024. La performance positiva è trainata dalle commissioni nette e dall’attività assicurativa, mentre prosegue la discesa del margine d’interesse, penalizzato dal calo dell’Euribor.
Nonostante l’arretramento del margine (-5,4%), i proventi operativi segnano comunque un incremento (+0,7%) grazie alla spinta delle commissioni nette (+6%), al risultato dell’attività assicurativa (+12,6%) e agli altri ricavi (+29%), in gran parte legati alla rivalutazione di attività finanziarie. La gestione del risparmio si conferma il motore principale della redditività, rappresentando il 62,4% delle commissioni e registrando una crescita del 9,8%. La raccolta indiretta cresce del 14,8%, quella del risparmio gestito del 21,8%, sostenendo ulteriormente la generazione di commissioni.
In rapporto ai proventi operativi, la somma delle commissioni nette e del risultato assicurativo raggiunge il 38,8%, ben al di sopra della media delle principali banche europee, stimata al 27,4%. Un risultato che conferma il vantaggio competitivo del modello bancario italiano sul fronte della gestione del risparmio, ma anche la sua distanza dall’economia reale.
Sul fronte dei costi, la situazione appare stabile: i costi operativi crescono appena dello 0,2%, quelli del personale dello 0,1%, nonostante gli aumenti previsti dal contratto Abi. Tuttavia, il settore continua a perdere occupazione, nei primi nove mesi del 2025 sono stati tagliati 6.682 posti di lavoro (-2,9% rispetto a fine 2024). Il costo del personale sui proventi operativi scende al 24,7%, mentre il cost/income cala al 39,8%, dodici punti sotto la media europea. Cresce così la produttività, con un incremento dell’8,5% del rapporto commissioni nette/dipendenti e del 4,2% del risultato netto di gestione pro capite.
Gli impieghi, invece, restano quasi fermi (+0,7%) e il costo del rischio, pari a 21 punti base, si mantiene estremamente contenuto. Gli indicatori di solidità mostrano un sistema bancario ben patrimonializzato, con un Cet1 al 14,3%, nonostante i dividendi generosi e le operazioni di buyback.
Dal punto di vista qualitativo, la quota di crediti deteriorati (Npl ratio netto) scende dall’1,4% all’1,3%, mentre gli stage 2, prestiti con rischio potenziale, si riducono del 2,6%. Tuttavia, a fronte di questa solidità, il credito all’economia continua a languire.
Il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani (nella foto), ha sottolineato che i risultati dei grandi gruppi bancari confermano una tendenza ormai consolidata, la redditività si basa sempre più sulle commissioni e sull’attività assicurativa, mentre il margine d’interesse è in calo. Colombani ha osservato che, a prescindere dalle differenze nei modelli di business, le principali banche italiane tendono a privilegiare la gestione del risparmio rispetto all’erogazione del credito, trasformando il risparmio delle famiglie in un prodotto da collocare più che in una risorsa per la crescita economica.
Secondo il sindacalista, sul fronte del credito non si vedono segnali di inversione: la crescita degli impieghi resta marginale, nonostante il basso costo del rischio, e lo stock di prestiti alle imprese risulta ancora inferiore di oltre un terzo rispetto ai livelli del 2011. Le banche, ha spiegato, continuano a beneficiare di garanzie pubbliche per circa 300 miliardi di euro, riducendo al minimo l’assorbimento di capitale, ma senza migliorare le condizioni di accesso al credito.
Colombani ha anche rilevato che il risparmio gestito non genera nuovi investimenti produttivi in Italia, poiché il mercato dei capitali nazionale rimane di piccole dimensioni. In definitiva, il valore prodotto dalle banche non si traduce in benefici diffusi, l’occupazione scende, le pressioni commerciali aumentano e i vantaggi per la clientela restano limitati.
Il segretario di First Cisl ha infine ribadito la necessità di un cambio di rotta, sostenendo che gli istituti devono investire maggiormente in tecnologie a supporto del lavoro umano e nella formazione permanente del personale, in un contesto di rivoluzione digitale sempre più rapida. Ha inoltre indicato l’urgenza di costruire modelli di business centrati sulle persone e sulla inclusione finanziaria, in cui le nuove tecnologie siano alleate e non sostitute del lavoro umano.