In Italia, l'allarme sull'inattività giovanile risuona con dati sconfortanti: sono 1,4 milioni i giovani tra i 25 e i 34 anni inattivi, una percentuale del 23,4% che distacca nettamente la media UE ferma al 13,9%, e il dato più preoccupante è che oltre uno su quattro di questi giovani possiede una laurea, palesando un disallineamento strutturale tra formazione e mercato del lavoro che Confartigianato e CNA hanno evidenziato con forza durante l'audizione davanti alle Commissioni riunite Cultura e Lavoro della Camera, nell'ambito dell'esame della proposta di legge per l'istituzione della Giornata nazionale per il contrasto dell’inattività giovanile; le due Confederazioni, pur apprezzando l'iniziativa come un utile primo passo, hanno sottolineato l'urgenza di un quadro stabile e condiviso di politiche formative e occupazionali, poiché la priorità non è solo creare nuove opportunità, ma soprattutto far sì che i giovani possano intercettare e valorizzare quelle già disponibili, oggi spesso inaccessibili a causa del mismatch di competenze richieste e acquisite.
Nonostante il mercato del lavoro abbia mostrato un miglioramento complessivo, con una crescita del 7,9% dell’occupazione giovanile tra il 2021 e il 2025 e una riduzione dei Neet al 12,4% nel secondo trimestre 2025, l’Italia permane tra i Paesi europei con l’incidenza più alta di inattività giovanile, con il Mezzogiorno che rimane l'area più critica, superando il 19% e toccando il 26,2% in Calabria, segnale che richiede una risposta sistemica e non episodica. La strategia indicata dalle associazioni si fonda su un investimento deciso nelle competenze, rafforzando l’orientamento lungo tutto il percorso scolastico, valorizzando i canali tecnici e professionali, rilanciando l’alternanza scuola-lavoro e, in particolare, potenziando l’apprendistato, ritenuto il più efficace strumento di ingresso qualificato, dato che l'artigianato già registra una quota di apprendisti pari al 10,9% delle assunzioni, quasi il doppio della media nazionale; da qui, la richiesta di ripristinare la decontribuzione totale per i primi tre anni di apprendistato nelle imprese artigiane e nelle aziende fino a nove dipendenti, oltre a introdurre incentivi stabili per il tutoraggio svolto dai titolari delle microimprese.
Confartigianato e CNA hanno poi illustrato tre direttrici che dovrebbero diventare pilastri dell’intervento normativo: la prima consiste nell'istituzione di un tavolo ministeriale permanente che coinvolga le Parti Sociali per monitorare l'inattività giovanile e individuare soluzioni condivise per il mismatch; la seconda mira a diffondere tra i giovani la conoscenza delle opportunità dell’impresa artigiana, una realtà capace di offrire autonomia, creatività e percorsi professionali concreti in linea con le aspettative; la terza richiama la necessità di creare lavoro di qualità, facendo comprendere ai giovani che nell’impresa, e in quella artigiana in particolare, esistono possibilità reali per sviluppare talento, costruire progetti di vita e accedere a un sistema di tutele garantito dalla contrattazione collettiva artigiana (ammortizzatori sociali, welfare integrativo, formazione continua e sicurezza sul lavoro).
Le Confederazioni hanno sottolineato come l'impresa artigiana sia, per sua natura, un luogo di apprendimento autentico dove si integrano competenze tecniche, responsabilità e innovazione, richiedendo perciò un coinvolgimento diretto delle organizzazioni imprenditoriali nella governance della proposta di legge, affinché la definizione dei percorsi formativi rispecchi fedelmente le esigenze del sistema produttivo. Hanno concluso affermando che "Contrastare l’inattività giovanile significa costruire un modello di sviluppo fondato sul dialogo tra scuola e impresa, su politiche attive efficaci e sulla valorizzazione del talento dei giovani; l’artigianato è pronto a fare la sua parte, ma è necessario che la sua voce sia pienamente riconosciuta nella definizione delle politiche che riguarderanno il futuro del Paese".