Christian Grey, il manipolatore, il bellissimo, l'audace, l'uomo a cui non si può mai dire mai, che ti conquista con uno sguardo o anche solo sfilandosi la cravatta di “50 sfumature di grigio'”, non vive solo negli Stati Uniti, perché ha una succursale in Italia, in Emilia, e veste i panni di un vigile urbano di un paesino di quelli che, per conoscerne l'esistenza, è sulla strada per la tua destinazione. Se non avesse avuto un epilogo tragico - lui uccide lei, ma dice che era lei che voleva uccidere lui: dettagli -, la storia di un amore (beh, sì, chiamiamolo così) conclusosi a colpi di pistola un anno fa, con protagonisti una vigilessa e il suo ex capo, con il quale c'erano rapporti molto più che cordiali, dovrebbe essere accantonato nella sezione ''cronaca''.
Ma oggi, qui, non parliamo del solito fattaccio di nero, di quello che attizzano le trasmissioni televisive del pomeriggio, dove poveracci, disadattati, emarginati, se hanno avuto a che fare con il sangue, vengono eletti ad ''argomento del giorno'' che, come il fieno per le vacche, da qualche parte deve essere espulso, dopo essere stato ruminato per ore. Una donna morta, un uomo che uccide sembra il solito copione; ma qui c'è qualcosa di diverso, anche se l'impressione del già visto resta. Tra i due c'era nientemeno che un ''contratto di sottomissione sessuale'', di lei verso lui, una cosa, lo confesso, di non avere mai letto, nonostante la mia attenzione per la irrisolta questione femminile. Quindi lei accetta, e sottoscrive, di essere un oggetto sessuale nelle mani di lui, che certo ha avuto gioco facile per essere superiore di una donna (34 anni) che aveva problemi a relazionarsi con il resto del mondo, esponendosi ad una personalità più forte della sua.
Una storia di apparente amore che diventa una storia di nera, in cui il sentimento, forse persino tossico, non esiste, sacrificato ad un gioco amoroso che di amore non ha niente. La sottomissione della vittima resta evidente e, forse in una delle rare volte nella storia giudiziaria italiana, il movente (ma, in mano ad un avvocato furbo, forse anche l'attenuante) viene messo per iscritto, con tanto di specifiche di come lei si doveva comportare quando era al cospetto del suo dominatore. Lui, che menzionava sé stesso come ''padrone, colui che tutto può sulla sua schiava'', arrivava a scrivere ''Io, signore e padrone, mi impegno a dominare l'anima della mia sottomessa''.
Se non fosse un dramma, ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate perché, in una società che vede i messaggi e le parole correre come il vento in tutte le direzioni, pensare che ci sia qualcuno che ricorra ad un linguaggio da burocrati per sottolineare il proprio dominio sul partner rasenta la follia. E poi, per chi ha tempo e voglia, basta guardare la fotografia di questo dominatore: un viso qualsiasi, capelli bianchi, occhialini. Per chi leggendo lo aveva paragonato a Jamie Dornan, protagonista sullo schermo di '”50 sfumature di grigio”, cambi canale.