Esteri

Usa, Walmart cambia rotta: addio alle politiche DEI

Redazione
 
Walmart, leader mondiale della grande distribuzione organizzata con oltre diecimila negozi e club in 24 Paesi, ha annunciato un deciso ridimensionamento delle sue politiche di diversità, equità e inclusione (DEI).
Una decisione che riflette una tendenza crescente tra le grandi aziende americane, sottoposte a crescenti pressioni da parte di gruppi conservatori, dopo la sentenza della Corte Suprema del giugno 2023 che ha abolito l’azione affermativa nelle ammissioni universitarie.

I cambiamenti, confermati da Walmart, includono misure significative come la fine del supporto a un centro per l'equità razziale istituito nel 2020, il ritiro dall’indice di riferimento annuale della Human Rights Campaign per l'inclusione LGBTQ+ e una revisione delle pratiche di contrattazione con i fornitori, ora prive di criteri basati su razza o genere.
La decisione di Walmart arriva in un momento in cui l’America aziendale è sotto il mirino di attivisti conservatori. Il commentatore politico Robby Starbuck, tra le voci più critiche delle politiche DEI, ha dichiarato di avere discusso direttamente con il colosso retail e ha definito la mossa ''la più grande vittoria finora per il nostro movimento per porre fine alla consapevolezza nelle aziende americane''.

Tra le modifiche annunciate, Walmart monitorerà con maggiore attenzione i prodotti venduti da fornitori terzi, in particolare per garantire che non ci siano articoli transgender destinati ai minori, come le fasce per il torace per giovani in transizione di genere. Inoltre, il gigante della vendita al dettaglio rivedrà le sovvenzioni per eventi Pride per evitare contenuti potenzialmente inadatti ai bambini, cercando, ad esempio, di separare padiglioni per famiglie da spettacoli di drag.

Un altro segnale del cambiamento in corso è la decisione di non rinnovare il supporto al centro per l’equità razziale, lanciato con un impegno filantropico di 100 milioni di dollari. Il centro, istituito dopo l'omicidio di George Floyd, aveva come obiettivo affrontare le disuguaglianze sistemiche nei settori dell’istruzione, della salute, della giustizia penale e della finanza per le comunità afroamericane e altre minoranze.
Nonostante questo passo indietro, Walmart insiste sul suo impegno per l'inclusione, pur adottando una nuova terminologia: ha abbandonato la sigla DEI in favore della parola ''appartenenza'' nelle comunicazioni aziendali e nei titoli di lavoro. ''Siamo in viaggio e sappiamo di non essere perfetti, ma ogni decisione nasce dal desiderio di promuovere un senso di appartenenza e di essere un Walmart per tutti'', ha dichiarato l’azienda in una nota ufficiale.

La sensazione, che è molto più di una sensazione, è che tali decisioni non arrivino a caso, confacendosi ad un panorama politico in evidente, e rapido, cambiamento. Basti pensare che il neoeletto Donald Trump ha più volte criticato le politiche DEI, annunciando un’agenda di governo che include figure come Stephen Miller, promotore di azioni legali contro queste iniziative attraverso il gruppo conservatore America First Legal. Mentre sull’altro fronte, i democratici hanno esortato le aziende a resistere alle pressioni e a mantenere le loro politiche DEI. E del resto Walmart non è sola. Diverse aziende americane hanno adottato posizioni simili, spesso in risposta a critiche pubbliche o azioni legali. Tra queste, Ford, Harley-Davidson, Lowe’s e Tractor Supply hanno dichiarato il ritiro o la revisione delle loro iniziative DEI. Tuttavia, Walmart, con i suoi 1,6 milioni di dipendenti negli Stati Uniti, rappresenta il caso più rilevante finora. Il suo cambio di direzione non solo segna una svolta nella gestione aziendale del tema DEI, ma riflette anche le crescenti tensioni tra il mondo corporate e la politica americana.
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