Tra i repubblicani americani, che all'esterno si mostrano come un monolite che sta obbediente, quasi adorante, dietro Donald Trump, comincia a serpeggiare lo sconcerto per le politiche del presidente e di come esse possano, alla lunga, avere ripercussioni negative sull'elettorato.
Usa: cresce lo sconcerto tra i repubblicani per le politiche di Trump
Ancora nessuna rivolta degna di questo nome, anche se alcuni parlamentari repubblicani sono usciti allo scoperto, sostenendo che l'essere presidente non autorizza Trump ad assumere decisioni che, di fatto, mettono da parte il Congresso e la sua funzione di ''cane da guardia'' nei confronti della Casa Bianca.
I timori sono soprattutto legati a come, a lungo andare, le scelte di Trump sui dazi possano creare problemi tra i produttori e per le famiglie, che potrebbero pagare di più per i loro acquisti che, peraltro, stando a studi e statistiche, ora seguono un criterio che vede accantonate le spese voluttuarie e maggiore attenzione ai risparmi.
I musi lunghi dei repubblicani, almeno fino ad oggi, si sono tradotti non in sortite pubbliche, ma nel rappresentare le loro perplessità ai vertici dell'Amministrazione, come il rappresentante commerciale del Governo, Jamieson Greer, che, nel corso di una audizione in Senato, si è visto rivolgere domande che erano più una ricerca di rassicurazioni, che non interrogativi legati alla materia dell'evento.
Ma che il clima sia potenzialmente deflagrante lo si capisce anche soltanto vedendo quel che il senatore repubblicano Thom Tillis ha detto a Jameson: ''Chi dovrei strozzare se tutto questo si rivelasse sbagliato?", riferendosi alle politiche di Trump, in particolare alle tariffe generalizzate che potrebbero potenzialmente paralizzare i produttori statunitensi, attualmente dipendenti da materiali come alluminio e acciaio provenienti dalla Cina.
E Tillis ha parlato come diretto interessato, poiché il suo Stato d'origine, la Carolina del Nord, dove si candiderà alla rielezione il prossimo anno, ha attirato migliaia di aziende straniere interessate a investirvi nelle industrie manifatturiere.
Ma, dovendo camminare in equilibrio tra politica e pragmatismo, i repubblicani sembrano adottare una strategia schizofrenica: criticare l'introduzione dei dazi e elogiare la visione economica del presidente.
Nel corso dell'audizione s'è fatta sentire anche la voce del senatore repubblicano dell'Oklahoma, James Lankford, che ha fatto riferimento ad un caso concreto e, apparentemente, al momento senza soluzione: nel suo Stato c'è un'azienda che ha speso "milioni di dollari" per trasferire la produzione di componenti dalla Cina al Vietnam. Ma ora che il Vietnam si trova ad affrontare dazi doganali elevati, l'azienda non è in grado di procedere con la negoziazione dei prezzi con i rivenditori.
Lankford ha insistito con Greer per ottenere una tempistica precisa per i negoziati, ma il rappresentante commerciale ha risposto: "Non abbiamo una tempistica precisa. Il risultato è più importante che stabilire qualcosa artificialmente per noi".
Ma i repubblicani della vecchia guardia, quella travolta dalla valanga trumpiana, stanno cercando di ostacolare il piano dei dazi del presidente. Il senatore Chuck Grassley, un repubblicano di alto rango, ha presentato un disegno di legge bipartisan per conferire al Congresso il potere di esaminare e approvare nuove tariffe, e anche i membri repubblicani della Camera si stavano adoperando per ottenere il sostegno per un disegno di legge simile.
Tale proposta di legge consentirebbe al Congresso di recuperare parte del suo potere costituzionale in materia di politica tariffaria, che negli ultimi decenni è stato quasi completamente trasferito al presidente tramite leggi.
Ma la Casa Bianca ha già fatto sapere che Trump porrà il veto al disegno di legge, e sia il leader della maggioranza del Senato John Thune, repubblicano democratico, sia il presidente della Camera Mike Johnson, repubblicano della Louisiana, hanno dichiarato di non essere interessati a sottoporlo al voto.