L'attacco statunitense contro obiettivi nucleari in Iran, descritto dal presidente Donald Trump come un colpo "nel bersaglio", sta generando un'ondata di incertezze e preoccupazioni a livello globale. Secondo un’analisi approfondita della CNN, l’attacco sferrato dagli Stati Uniti contro obiettivi nucleari in Iran ha sollevato una serie di interrogativi e lasciato sul campo molte incognite.
Usa vs Iran: i media internazionali traducono timori e preoccupazioni dopo l'attacco americano
Se da un lato l’ex presidente Donald Trump ha celebrato l’operazione come un colpo "nel bersaglio", definendola una "distruzione monumentale" delle infrastrutture nucleari iraniane, dall’altro il reale impatto dei raid appare tutt’altro che chiaro.
La CNN sottolinea come regni grande incertezza sull’efficacia effettiva dell’offensiva, soprattutto per la possibilità che Teheran abbia avuto il tempo di trasferire parte del materiale nucleare arricchito prima degli attacchi. Se così fosse, si tratterebbe di un paradosso strategico: l’operazione potrebbe non solo non aver rallentato il programma iraniano, ma addirittura aver accelerato la corsa del regime verso un’arma rudimentale.
Nel fare il punto della situazione, la CNN riporta anche le reazioni politiche interne agli Stati Uniti. Il deputato democratico Jim Himes, figura di spicco nella Commissione Intelligence della Camera, ha dichiarato con scetticismo: "Chiunque dica di avere la minima idea se questi raid abbiano fatto qualcosa di diverso dal creare un grande boom e un sacco di polvere non ha idea di cosa sta parlando".
Secondo la rete americana, il Medio Oriente resta in stato d’allerta e il rischio di una rappresaglia iraniana è tutt’altro che remoto. Israele ha, nel frattempo, confermato nuovi raid aerei sulla città di Kermanshah, dopo aver già colpito l’area sensibile di Parchin, nei pressi di Teheran. A sua volta, l’Iran ha lanciato un missile verso Israele, prontamente intercettato dalle difese israeliane.
Sul fronte internazionale, la CNN riferisce una varietà di reazioni da parte degli alleati occidentali, accomunate da un delicato equilibrio tra sostegno e cautela. Il primo ministro australiano Anthony Albanese ha affermato che "non si può permettere all’Iran di dotarsi di un'arma nucleare", precisando che gli attacchi hanno riguardato "siti specifici" e ribadendo la necessità di "evitare un'escalation e una guerra su vasta scala". Dalla Gran Bretagna, il premier Keir Starmer ha esortato Teheran a tornare al tavolo dei negoziati, definendo il programma nucleare iraniano "una grave minaccia alla sicurezza internazionale".
Il ministro degli Esteri David Lammy ha specificato che Londra non ha preso parte ai bombardamenti, invocando al contempo "moderazione" e una "soluzione diplomatica" alla crisi. Anche la Francia, secondo quanto riportato dalla CNN, si è detta "preoccupata" per l’escalation. Il ministro Jean-Noël Barrot ha riaffermato la "ferma opposizione" del Paese all’idea che l’Iran possa dotarsi di armamenti nucleari, pur chiarendo che Parigi non è coinvolta nei raid militari.
Dal Giappone, il primo ministro Shigeru Ishiba ha espresso l’auspicio che "la de-escalation avvenga il prima possibile", pur condividendo l’allarme circa la necessità di "fermare lo sviluppo di armi nucleari da parte dell’Iran".
La CNN evidenzia inoltre le reazioni contrastanti provenienti dal mondo arabo. L’Arabia Saudita segue "con profonda preoccupazione" l’evolversi della situazione, chiedendo alla comunità internazionale un impegno per la ricerca di una soluzione politica. Il Qatar ha lanciato un allarme contro il rischio di “catastrofiche escalation” e ha rivolto un appello alla "saggezza e all’autocontrollo". Il Kuwait, infine, ha chiesto un cessate il fuoco immediato e ha sollecitato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad assumersi le proprie responsabilità.
La BBC ha riferito che le Nazioni Unite non sono riuscite a determinare l’effettivo danno arrecato dai bombardamenti statunitensi. Trump, tuttavia, ha parlato di risultati “monumentali” e ha rilanciato l’idea di un cambio di regime.
Il canale canadese CTV ha acceso i riflettori sull’impatto economico del conflitto. Gli analisti prevedono un rialzo del prezzo del petrolio di circa 5 dollari al barile. "Stiamo valutando il petrolio a 80 dollari all'apertura", ha detto Andy Lipow di Lipow Oil Associates, segnalando che i prezzi erano rimasti tra i 60 e i 75 dollari al barile da agosto 2024.
Il ministro iraniano Abbas Araghchi ha affermato che il suo Paese ha "diverse opzioni" per rispondere, tra cui – come ha proposto un consigliere della guida suprema – la chiusura dello Stretto di Hormuz.
Un gesto che colpirebbe il 20% del traffico mondiale di petrolio.
"Devono davvero creare quella paura", ha commentato Bob McNally, ex consigliere per l’energia di George W. Bush. Ma un tale gesto potrebbe innescare una risposta militare più pesante. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio, parlando a Fox News, ha esortato la Cina a usare la propria influenza: "Dipendono fortemente dallo Stretto di Hormuz per il loro petrolio", ha sottolineato.
Per il quotidiano spagnolo El País, la scelta di Trump "sta spingendo il mondo verso uno scenario di guerra globale". L’attacco americano ha fatto naufragare i tentativi diplomatici dell’Europa, che rimane isolata nel chiedere una soluzione negoziata. Anche Le Monde sottolinea la contraddizione nella strategia di Trump: colpire l’Iran per "fermare la guerra", mentre gran parte dell’opinione pubblica americana, inclusa una parte del suo stesso partito, si dice contraria a un nuovo conflitto.
Sul fronte israeliano, invece, il premier Benjamin Netanyahu appare rafforzato dalla tensione crescente: gli attacchi congiunti con gli Stati Uniti rinsaldano la narrativa secondo cui l’Iran rappresenta la principale minaccia esterna, distogliendo l’attenzione dallo stallo nella Striscia di Gaza. Der Spiegel rivela un ulteriore elemento di tensione: Teheran ha giustiziato una presunta spia del Mossad, mentre il premier israeliano avrebbe dichiarato di avere "informazioni interessanti" sull’uranio iraniano. Il giornale tedesco sottolinea l’ambiguità della posizione americana, sospesa tra ambizioni di pace e minacce di guerra.
Secondo quanto riportato da Al Jazeera, l’Iran promette dure rappresaglie contro gli Stati Uniti e Israele in risposta agli attacchi sferrati negli ultimi giorni. La guida suprema Ali Khamenei, nei suoi primi commenti pubblici dopo il coinvolgimento diretto di Washington nei bombardamenti, ha assicurato che "il nemico sionista verrà punito".
La retorica si fa dunque sempre più infuocata, mentre il Paese si prepara ad affrontare un momento di alta tensione sotto lo spettro della guerra. Mentre le cancellerie internazionali temono un’ulteriore escalation, l’Iran si appresta a vivere uno dei periodi religiosi più significativi dell’anno in un clima di estrema incertezza. Come riferisce Al Jazeera, il popolo iraniano si prepara a celebrare il mese sacro di Muharram, che inizierà attorno al 26 o 27 giugno.
Si tratta del primo mese del calendario islamico, e per i musulmani sciiti ha un’importanza profondamente simbolica: commemora la battaglia di Karbala del VII secolo, in cui fu ucciso Hussein, nipote del profeta Maometto. Nonostante il conflitto in corso, migliaia di fedeli iraniani prevedono di partecipare alle celebrazioni, che includono pellegrinaggi in Iraq e cerimonie religiose nei santuari sciiti disseminati nel Paese. Tuttavia, come sottolinea Al Jazeera, quest’anno le tradizionali manifestazioni di fede si svolgeranno all’ombra delle sirene d’allarme e dei raid aerei.
Nel frattempo, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver lanciato attacchi contro obiettivi militari nella provincia iraniana di Kermanshah, come riferito in un comunicato diffuso in persiano sul suo profilo ufficiale su X (ex Twitter). “I nostri caccia stanno colpendo infrastrutture militari nemiche nell’Iran occidentale”, si legge nella nota delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), rilanciata anche da Haaretz. Sempre secondo Haaretz, l’esercito israeliano ha intercettato un drone a sud della città di Eilat, prima che potesse violare lo spazio aereo nazionale.
Le IDF non hanno specificato la provenienza esatta del velivolo, ma l’episodio conferma il clima di alta tensione e l’evidente rischio di un ampliamento del conflitto. Dall’altra parte, i media iraniani riportano che le Guardie Rivoluzionarie avrebbero a loro volta abbattuto un drone, anche se i dettagli sull’accaduto restano frammentari. Le versioni fornite dalle due parti non combaciano e rendono il quadro ancora più opaco, alimentando la spirale di accuse reciproche.