Più piccole, più giovani, più internazionali, maggiormente concentrate nel Mezzogiorno, le imprese femminili rappresentano un segmento in evoluzione del tessuto produttivo italiano. Al 2024 se ne contano 1.307.000, pari al 22,2% del totale nazionale. Si strutturano, investono nei settori a maggior contenuto di conoscenza e cercano di superare la dimensione microimprenditoriale: Unioncamere e Il Sole 24 Ore hanno dedicato loro un evento digitale per analizzarne peculiarità e strategie di finanziamento.
Imprese femminili: più giovani, più internazionali, più radicate al Sud
“Creare opportunità a favore dell’imprenditoria femminile è un obbligo per chiunque si ponga come obiettivo lo sviluppo del Paese”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. “Per questo il sistema camerale è impegnato nel Piano nazionale imprenditoria femminile, gestito da Invitalia per conto del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Tra le iniziative condotte anche grazie ai Comitati per l’imprenditorialità femminile, presenti in tutte le Camere di commercio, il Giro d’Italia delle Donne che fanno Impresa, la diffusione della cultura imprenditoriale femminile attraverso azioni di accompagnamento, informazione e formazione. A questo si aggiunge l’impegno per la certificazione della parità di genere”.
Dopo il picco del 2021 con 1.342.000 unità, le imprese femminili hanno registrato una lieve contrazione, in linea con il trend generale ma meno marcata rispetto alle imprese non femminili. Rispetto al 2014, segnano comunque un incremento dello 0,4%, mentre le imprese maschili calano del 3,6%. Il 72,6% delle imprese femminili opera nei servizi (contro il 60,1% delle maschili), il 96,2% sono microimprese (contro il 94%), il 60,5% ditte individuali (contro il 47,3%). Le società di capitali femminili, tuttavia, sono aumentate del 45% dal 2014 e rappresentano oltre un quarto del totale. Più bassa la presenza artigiana: 16,7% contro 22,6%. Maggiore invece la quota di imprese giovanili (10,3% contro 7,7%) e straniere (12,6% contro 11%).
Unico settore in cui la presenza femminile supera quella maschile, le altre attività dei servizi (60% del totale). Rilevante anche l'incidenza nel tessile, abbigliamento e calzature (37,7%), sanità e assistenza sociale (36,6%), istruzione (31,1%), alloggio, ristorazione e turismo (29,7%). In forte espansione le imprese giovanili ad alta conoscenza: +41,3% in dieci anni nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, spinte da management e marketing.
Determinante il contributo femminile nel Sud: in Molise (27,2% delle imprese), Basilicata (26,5%), Abruzzo (25,3%), Umbria (24,7%) e Sicilia (24,2%). Le province con più alta incidenza di imprese femminili sono Benevento, Avellino, Chieti, Frosinone e Viterbo (dal 29,6% al 27,5%).
La sopravvivenza è inferiore rispetto alle imprese maschili: dopo cinque anni resta attivo il 72,3% delle imprese femminili, contro il 77,3% delle altre. Dopo il quinquennio, il divario si amplia ulteriormente: il 67,5% delle imprese femminili sopravvive contro il 73,1% delle maschili.