Il concetto - sbagliato... - che tre indizi fanno una prova potrebbe anche interpretare quanto sta accadendo in questi giorni all'Amministrazione Trump, dove non tutto va a mille, secondo la narrazione che fa di sé stesso il presidente, del suo operato e dei risultati ottenuti.
Altro inciampo per Trump, costretto a ritirare la nomina di Stefanik ad ambasciatrice all'Onu
Dopo la superficialità eletta a sistema, con la chat riservata nella quale era stato inserito erroneamente un giornalista non ''amico'' dell'Amministrazione, che così ha appreso i piani segreti degli attacchi alle postazioni nell Yemen degli Houti; dopo la scoperta, fatta solo utilizzando un normale pc, che i recapiti e anche le password dei vertici della Casa Bianca erano di fatto accessibili a tutti, arriva ora il ritiro della nomina della deputata Elise Stefanik ad ambasciatrice all'Onu.
Ieri Trump ha ''cancellato'' la nomina di Stefanik, esprimendo preoccupazione per le elezioni speciali nel suo seggio, data la già esigua maggioranza repubblicana alla Camera. Cinque mesi fa Stefanik si era aggiudicata il seggio con un distacco del 24 per cento, che oggi però potrebbe non esistere più.
Una decisione che è stato un colpo durissimo per la deputata di New York, che ha una grande ambizione di scalare il partito repubblicano, magari nella prospettiva che il futuro la veda in posizioni di maggiore prestigio.
Una vicenda che potrebbe incrinare la granitica fiducia di Trump in sé stesso e nella fedeltà dei repubblicani, che lui reclama pretendendo che sia cieca.
Ma certo le recenti imbarazzanti storie dentro l'Amministrazione sembrano avere scalfito la certezze del Gop che guarda sgomento alla magra figura del ''chatgate', che ha dato una rappresentazione plastica che le nomine fatte da Trump non sulla base della preparazione, ma dalle sperticate lodi che gli sono state fatte, hanno premiato persone che stanno dimostrando incompetenza, superficialità, sciatteria e scarso senso di autocritica.
E, dentro il partito, si levano sempre più evidenti malumori per l'opera di Elon Musk, che qualcuno assimila ad una purga ideologica e che sta iniziando a creare confusione che potrebbe minacciare servizi vitali e causare una reazione politica quando i repubblicani si presenteranno al giudizio degli elettori, ai quali spiegare che non hanno nulla a che fare con i licenziamenti di massa decisi dal multimiliardario.
Perplessità anche sulla strategia di politica internazionale di Trump che non è riuscito, cosa di cui si era detto sicuro, di fare finire la guerra tra Russia e Ucraina, restando impantanato in difficili negoziati, nei quali sembra avere comunque preso le parti di Mosca. Stessa cosa per lo scenario del Medio Oriente.
Anche in economia le cose non vanno benissimo, come promesso da Trump, tra un calo della fiducia dei consumatori e i timori di un aumento dell'inflazione e, quindi, di una recessione.
Quella ''età dell'oro'' che Trump ha promesso, considerando comunque che l'Amministrazione muove ancora i primi passi, sembra ancora lontana, anche perché non tutti sono convinti delle scelte in economia, a cominciare dalla guerra delle tariffe.