Nell'attesa che domani diventi, secondo gli annunci reboanti di Donald Trump, il ''giorno della liberazione'', gli economisti sembrano ormai concordare che i nuovi regimi tariffari che l'Amministrazione ha imposto alle merci importate innescheranno la recessione. Ieri i mercati globali hanno risentito pesantemente del clima di incertezza, anche se oggi ci sono segnali di ripresa, anche se insufficienti a colpare il gap.
Dazi, Usa: per gli esperti innescheranno la recessione, ma Trump va avanti
Appena ieri Goldman Sachs ha aumentato le sue probabilità di recessione entro il prossimo anno dal 20% al 35%, citando i dazi, confermando i timori di Wall Street sugli effetti delle decisioni della Casa Bianca che, per gli esperti, potrebbe fare cadere gli Stati Uniti in una recessione di cui sarebbe responsabile la scelta di gravare di imposte le merci importate.
Una politica che, da un lato, avrà come conseguenza certa l'aumento dei costi fiscali per le aziende importatrici, e quindi sui distributori, mentre si dà per certo un cambio di mentalità dei consumatori che, davanti a prezzi più alti, potrebbero scegliere di spendere meno e risparmiare di più, nella prospettiva di una crisi economica.
Quindi il combinato composto tra dazi più alti e meno spesa dei consumatori sarebbe il terreno più fertile per la recessione.
Ma a rendere la situazione di più compressa decifrazione sono le dichiarazioni di Trump, che sembra seguire traiettorie comunicative talvolta assolutamente inconciliabili l'una delle altre.
Come ha fatto ieri, dopo che in precedenza aveva avuto toni molto aspri per il resto del mondo (''I dazi saranno molto più generosi di quelli che quei Paesi hanno applicato a noi, il che significa che saranno più gentili di quanto quei paesi abbiano applicato agli Stati Uniti d'America"), lasciando intuire una disponibilità a modificare il suo approccio al problema delle tariffe.
Che la recessione possa abbattersi sugli Stati Uniti la Casa Bianca si guarda bene dall'escluderlo, considerato che i segnali sulla risposta dell'economia americana sono contraddittori. Trump va comunque per la sua strada, come quando ha detto che un "piccolo disturbo" potrebbe rivelarsi necessario per ringiovanire la produzione nazionale e ristabilire posti di lavoro ben pagati nel settore manifatturiero.
Gli esperti si aspettano ampiamente che gli importatori trasferiscano una quota dell'onere tariffario ai consumatori sotto forma di prezzi più elevati, il che potrebbe rendere le aziende meno competitive, in quanto potrebbero avere difficoltà a fidelizzare i clienti colpiti dallo shock dei prezzi.
Se le performance aziendali ne risentono, è probabile che le aziende congelino o riducano gli investimenti, minacciando la crescita economica.
La spesa dei consumatori rappresenta circa due terzi dell'attività economica degli Stati Uniti. A marzo, la fiducia dei consumatori è scesa al livello più basso dal 2021, secondo un sondaggio condotto da The Conference Board.
Con il peggioramento dell'atteggiamento dei consumatori, gli acquirenti potrebbero ritrovarsi ad affrontare aumenti di prezzo indotti dalle tariffe, con conseguenti ulteriori frustrazioni.
Tuttavia, secondo alcuni parametri chiave, l'economia rimane in buona forma. Le assunzioni si attestano su livelli solidi, insieme a un tasso di disoccupazione storicamente basso. L'inflazione si attesta ben al di sotto del picco raggiunto nel 2022, sebbene gli aumenti dei prezzi registrino quasi un punto percentuale in più rispetto all'obiettivo della Fed del 2%.