In primo piano su tutti i media internazionali la telefonata fra Trump e Putin. Secondo quanto riporta la CNN, i due leader si sono intrattenuti per quasi due ore e mezza in quello che Trump ha definito un colloquio "molto produttivo", giungendo a un accordo significativo: si incontreranno di persona a Budapest, in Ungheria, per discutere della guerra in Ucraina.
World Media Headlines: Trump-Putin verso un nuovo faccia a faccia
La chiamata, effettuata su richiesta della Russia come confermato da un collaboratore del Cremlino, sembra aver rapidamente modificato il tono di Trump nei confronti di Mosca, che fino a quel momento si era opposta ai suoi sforzi per porre fine al conflitto. Durante un evento nello Studio Ovale, il presidente americano ha precisato ai giornalisti che l'incontro con Putin avverrà entro due settimane circa.
In un post su Truth Social, Trump ha inoltre annunciato che il Segretario di Stato Marco Rubio guiderà una delegazione di consiglieri di alto livello per incontrare funzionari russi la prossima settimana, in un luogo ancora da definire. Il presidente ha poi aggiunto dettagli ulteriori nel tardo pomeriggio, spiegando che Rubio incontrerà il suo omologo russo, il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov, molto presto e che i due si sono già parlati. L'assistente del Cremlino Yury Ushakov ha immediatamente appoggiato l'idea del vertice programmato a Budapest, descrivendo la chiamata tra i due leader come "altamente informativa ed estremamente franca". Secondo diverse fonti a conoscenza della questione, Budapest era già tra le candidate a ospitare l'incontro prima che i funzionari atterrassero in Alaska.
Non è un caso che il Primo Ministro ungherese Orbán abbia mantenuto stretti rapporti sia con Putin che con Trump. Lo stesso Orbán ha annunciato ieri pomeriggio, dopo una telefonata con Trump, che "sono in corso i preparativi per il vertice di pace tra Stati Uniti e Russia", scrivendo su X che "l'Ungheria è l'isola della PACE!". Durante la conversazione telefonica, Trump ha riferito che Putin si è congratulato con lui e con gli Stati Uniti per il grande traguardo della pace in Medio Oriente, qualcosa che, secondo le parole del leader russo riportate da Trump, "è stato sognato per secoli".
Il presidente americano ha espresso la convinzione che il successo in Medio Oriente possa aiutare nei negoziati per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina. I due leader hanno anche dedicato molto tempo a parlare di scambi commerciali tra Russia e Stati Uniti una volta concluso il conflitto ucraino. La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha confermato ai giornalisti che si è trattato di "una chiamata molto proficua e produttiva" durata più di due ore. Il presidente americano ha poi confermato nello Studio Ovale che i due leader hanno parlato dei missili Tomahawk, precisando che "abbiamo bisogno di Tomahawk anche per gli Stati Uniti d'America". Secondo la BBC, la notizia della telefonata tra Trump e Putin e del loro accordo per incontrarsi di persona sarà stata una sorpresa sgradita a Kiev. Il Paese è duramente colpito: solo nelle ultime ventiquattro ore la Russia ha lanciato decine di missili e più di trecento droni contro molteplici obiettivi.
Ancora una volta si tratta di una grande quantità di infrastrutture civili, con ulteriori danni alla rete di approvvigionamento del gas del Paese, proprio mentre i primi segnali di freddo annunciano un lungo e rigido inverno. Gli attacchi alla rete elettrica stanno già provocando interruzioni di corrente in tutto il Paese. Per il governo ucraino è un segno della disperazione russa, considerando che le linee del fronte sono in una situazione di stallo di fatto, con enormi perdite di vite umane in cambio di progressivi guadagni territoriali.
Sul fronte mediorientale, la situazione a Gaza continua a destare preoccupazione. Come riferisce AP News, ieri il presidente Donald Trump ha avvertito Hamas che "non avremo altra scelta che entrare e ucciderli" se dovesse continuare lo spargimento di sangue interno nel territorio. Il cupo avvertimento di Trump è arrivato dopo che in precedenza aveva minimizzato la violenza interna a Gaza da quando la scorsa settimana sono entrati in vigore un cessate il fuoco e un accordo di presa di ostaggi tra Israele e Hamas, nel corso di una guerra durata due anni.
Trump ha poi chiarito che non invierà truppe statunitensi a Gaza dopo aver lanciato la minaccia contro Hamas, precisando in uno scambio di battute con i giornalisti che "non saremo noi" e che "ci sono persone molto vicine, molto vicine, che interverranno e faranno il loro lavoro molto facilmente, ma sotto la nostra egida". Il presidente non ha specificato se si riferisse a Israele, ma un'azione delle forze israeliane potrebbe rischiare di violare i termini dell'accordo di cessate il fuoco. Il cambiamento di tono del presidente nei confronti di Hamas è stato notevole.
Martedì Trump aveva dichiarato che Hamas ha eliminato "un paio di bande molto pericolose" uccidendone diversi membri, aggiungendo che "a dire il vero, la cosa non mi ha dato molto fastidio". Il presidente repubblicano non ha detto come avrebbe dato seguito alla minaccia pubblicata sulla sua piattaforma Truth Social, e la Casa Bianca non ha risposto immediatamente alla richiesta di chiarimenti. Nel frattempo, come riporta Haaretz, le forze di difesa israeliane hanno annunciato venerdì che le forze di sicurezza al confine con l'Egitto hanno fermato un tentativo di contrabbando di armi in Israele utilizzando un drone che trasportava due pistole e un caricatore. La situazione umanitaria a Gaza rimane drammatica.
Al Jazeera riferisce che l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha affermato su X che il prezzo imposto dalla campagna di distruzione biennale di Israele ai terreni agricoli di Gaza ha lasciato molte famiglie senza reddito. L'agenzia ha evidenziato che "un chilo di pomodori che una volta costava sessanta centesimi, ora costa quindici dollari, se mai vengono trovati", e che "le famiglie che un tempo vivevano della loro terra ora non hanno reddito". I camion visti entrare a Gaza dall'entrata in vigore del cessate il fuoco una settimana fa trasportano principalmente beni commerciali, non aiuti umanitari, come riferisce il team di Al Jazeera sul campo. Questo lascia molte famiglie senza accesso al cibo fresco di cui hanno disperatamente bisogno. L'UNRWA ha concluso affermando che "finché il settore agricolo di Gaza non potrà essere ricostruito, deve esserci un flusso illimitato di aiuti".
Infine, una notizia che rimbalza su tutti i media internazionali dagli Stati Uniti riguarda la politica interna americana e solleva interrogativi sul clima giudiziario del Paese. Come riporta la CBS, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Trump, John Bolton, è stato incriminato giovedì nel Maryland per presunta cattiva gestione di informazioni riservate, accusato di aver condiviso con i familiari annotazioni del suo diario relative al periodo trascorso alla Casa Bianca. Si tratta del terzo importante oppositore di Trump a finire sotto incriminazione nelle ultime settimane, dopo le accuse mosse contro l'ex direttore dell'FBI James Comey per aver presumibilmente mentito al Congresso e contro il Procuratore Generale di New York Letitia James per presunta frode ipotecaria. Tutti e tre hanno respinto con fermezza ogni addebito. Interrogato dai giornalisti sulla vicenda Bolton, Trump ha dichiarato di non esserne ancora a conoscenza, limitandosi a commentare: "Penso che sia un cattivo".
La risposta di Bolton non si è fatta attendere: in una dichiarazione pubblica, l'ex consigliere ha denunciato di essere "diventato l'ultimo bersaglio della trasformazione del Dipartimento di Giustizia in un'arma" politica, sostenendo che Trump "incarna ciò che disse una volta il capo della polizia segreta di Joseph Stalin: 'Mostratemi l'uomo e vi mostrerò il crimine'". Bolton ha concluso con tono combattivo, affermando di non vedere "l'ora di combattere per difendere la mia condotta legittima e per denunciare il suo abuso di potere", in quello che si preannuncia come l'ennesimo scontro giudiziario destinato ad alimentare il dibattito sulla strumentalizzazione della giustizia nell'America di oggi.