Un nuovo capitolo nella politica commerciale americana è stato aperto ieri alle 17:00 ora italiana, quando il presidente Donald Trump, nel corso di una riunione di gabinetto, ha annunciato una serie di misure protezionistiche destinate a scuotere i mercati internazionali.
Trump: dazi del 10% per i Brics e del 200% sulla farmaceutica
Al centro del suo intervento, un inasprimento dei dazi contro i Paesi del blocco Brics — Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica — accusati apertamente di minacciare la supremazia del dollaro come valuta di riferimento mondiale. «Ogni nazione che fa parte dei Brics sarà soggetta a un’imposta aggiuntiva del 10%», ha tuonato il presidente americano, lasciando intendere che le nuove tariffe verranno introdotte «a breve». Secondo Trump, l’alleanza tra questi Paesi nasconderebbe un piano per “demolire il dollaro” e sostituirlo con una nuova moneta globale, scenario che, a suo dire, equivarrebbe «a perdere una guerra».
Come se non bastasse, l’amministrazione americana ha annunciato ulteriori interventi nel solco del protezionismo: verranno imposti dazi del 50% sulle importazioni di rame e fino al 200% sui prodotti farmaceutici. Tuttavia, le aziende avranno un periodo di 18 mesi per trasferire le loro filiere produttive prima che le misure entrino effettivamente in vigore. Trump ha inoltre fatto sapere che sono in fase di preparazione nuovi balzelli sui semiconduttori, anche se al momento non sono stati forniti dettagli specifici né sulle tempistiche né sull'entità.
L’effetto sul mercato non si è fatto attendere. Ieri New York, il prezzo del rame ha subito una brusca impennata, salendo di quasi il 10% e superando il precedente massimo storico. Le parole del presidente, che ha dichiarato di essere «convinto che il dazio sul rame sarà fissato al 50%», sono bastate per innescare una corsa all’acquisto. Sul Comex, la principale borsa per le materie prime di New York, il metallo rosso ha toccato i 5,46 dollari per libbra intorno alle 17:55 GMT, sorpassando il record registrato a marzo, quando già si temevano aumenti tariffari da parte di Washington. Trump ha giustificato l’introduzione delle nuove tariffe sul rame con la necessità di ridurre la dipendenza da fornitori esteri.
Già nei mesi scorsi aveva firmato un ordine esecutivo per avviare un’indagine sulle importazioni di rame, richiamando la questione della sicurezza nazionale. Secondo Alan Bush, analista di ADM Investors, «gli Stati Uniti importano circa la metà del loro fabbisogno di rame». Il metallo è oggi più che mai strategico, visto il suo ruolo crescente nelle tecnologie legate all’elettrificazione, alle energie rinnovabili e all’intelligenza artificiale — tutti fattori che stanno contribuendo al rialzo strutturale dei prezzi. Dalla sua rielezione, Trump ha fatto dei dazi uno degli strumenti principali della sua politica economica. Dopo le misure adottate in passato contro l’acciaio e l’alluminio, ha introdotto un’imposta minima del 10% su gran parte delle merci importate negli Stati Uniti, con l’obiettivo dichiarato di colpire le economie che vantano un consistente surplus commerciale con Washington.
Ora intende aumentare quella soglia, con l’entrata in vigore prevista per il 1° agosto. Intanto, in un clima di crescente tensione commerciale arrivano segnali di apertura da Bruxelles. Il Segretario al Commercio americano, Howard Lutnick, ha rivelato ai microfoni della CNBC che l’Unione Europea avrebbe presentato delle “vere offerte” a Trump, manifestando l’intenzione di aprire maggiormente il proprio mercato. «Trump ha sul tavolo le proposte dell’Ue e dovrà decidere come utilizzarle», ha spiegato Lutnick, lasciando intendere che le prossime mosse dipenderanno anche dalla capacità del blocco europeo di compiere concessioni concrete.