Proprio non ce la fa a imporsi un silenzio che, venendo da un presidente degli Stati Uniti, in altri tempi avrebbe detto molto più delle parole. Donald Trump continua con la sua sfacciata campagna di ''captatio benevolentiae'' nei confronti degli abitanti della Groenlandia, l'isola artica che gli fa gola non solo dal punto di vista strategico, vista la sua posizione, ma soprattutto perché è uno scrigno di ricchezze naturali.
Le ambigue promesse di Trump fanno arrabbiare i groenlandesi
Per portare avanti la sua politica fatta di fughe in avanti e rapidi dietro-front, dopo avere minacciato di andarsi a prendere la Groenlandia, ora cerca di blandirne gli orgogliosi abitanti alla vigilia del voto politico di domani, per l'elezione dell'assemblea rappresentativa locale, in quello che per gli osservatori politici potrebbe essere un ulteriori passo verso il referendum per reclamare l'indipendenza.
Ieri Trump ha detto che gli Stati Uniti "sostengono fermamente il diritto della Groenlandia a determinare il proprio futuro", in quella che appare come una spregiudicata invasione di campo nella politica interna di un Paese sovrano.
Cosa di cui ha dimostrato di fregarsene altamente, dopo avere fatto dell'America First il mantra della sua politica. Lui parla e continua a parlare, incurante del fatto che nessuno dei partiti che domani si contenderanno i voti ha mai, nemmeno come lontana ipotesi, accettato di fare trasmigrare la Groenlandia con gli Stati Uniti.
Ma lui, incurante dell'evidenza, al detto ai groenlandesi: "Se lo sceglierete, vi accoglieremo come parte della più grande nazione che il mondo abbia mai avuto, gli Stati Uniti d'America!"
Affermazione che già di per sé è abbastanza avventata, ma alla quale ha pensato bene di fare seguire le blandizie, cadendo in una volgarità politica da cowboy, come evidenziano le maiuscole che usa come fossero bazooka ''Continueremo a FORNIRE LORO SICUREZZA, come abbiamo fatto dalla Seconda guerra mondiale, e siamo disposti a INVESTIRE MILIARDI DI DOLLARI per creare posti di lavoro e RENDERLI RICCHI".
Anche l'appello al contributo degli Stati Uniti alla sconfitta del nazismo sembra un modo per accreditarsi come paladino della democrazia. Ma se poi vuoi allungare le mani sulla Groenlandia, sul Canale di Panama, sul Canada...beh, ecco che qualcosa sembra stornare.
Se poi Trump desse un'occhiata ai sondaggi si accorgerebbe che solo il 6 per cento degli abitanti dell'Isola sarebbe favorevole a passare, armi e bagagli, con gli Stati Uniti.
Sondaggi hanno anche dimostrato che la maggioranza dei groenlandesi desidera l'indipendenza, ma non a qualsiasi prezzo e non se ciò significa una perdita del tenore di vita in un territorio in cui il 40% del reddito proviene dallo Stato danese.
"La Groenlandia è nostra. Non vogliamo essere americani, né danesi: siamo groenlandesi. Gli americani e il loro leader devono capirlo. Non siamo in vendita e non possiamo essere comprati così facilmente, perché il nostro futuro è deciso da noi in Groenlandia", ha il presidente della Groenlandia, il socialista Múte B. Egede.