Mai, come in queste occasioni, rimpiangiamo i tempi in cui la matita di Walter Molino, dalle prime pagine della Domenica del Corriere, regalava agli italiani la consapevolezza di cosa fosse il Paese, ma anche del resto del mondo. Ecco, oggi ci vorrebbe proprio una delle sue vignette, per raccontare l'ennesimo venerdì di passione, che nulla ha a che fare con la religione, perché, come contrappunto, ci sono le imprecazioni dei viaggiatori che anche oggi si ritrovano a girare, come le ''anime innocenti'' di Trasporti nel caos: lo sciopero paralizza il Paese e mette in ginocchio i viaggiatori
Ora, se c'è una cosa da precisare, prima che ci si dica che siamo contro questo diritto dei lavoratori, è che lo sciopero è forse l'ultima ridotta del sindacalismo, che ha poche e anche spuntate armi per portare avanti le sue battaglie.
Ma forse sarebbe il caso di ripensarla come protesta perché a pagarne le conseguenze sono sempre i soliti, nella stragrande maggioranza coloro che dei trasporti pubblici, quindi non solo ferroviari, fanno il mezzo preferito, ma solo perché altrimenti non potrebbero fare.
Anche oggi le stazioni, soprattutto la grandi, sembrano percorse dal seme della follia, con passeggeri sbattuti da una parte all'altra, magari inseguendo l'illusione che, all'ultimo istante, un treno - non necessariamente il loro - parta, magari avvicinandoli alla destinazione finale.
Più che una normale protesta, lo sciopero dei trasporti si è trasformato nel tempo in una punizione collettiva, senza una soluzione di civiltà, che faccia salvi i diritti dei lavoratori, ma anche quelli del cittadino utente che, soprattutto nei fine settimana - certo una coincidenza.... - si trova esposto al pericolo di uscire di casa, ma non sapere se e quando arriverà da qualche parte.
È la conseguenza della frammentazione della rappresentanza, che, fenomeno un tempo sconosciuto (ai tempi in cui Cgil, Cisl e Uil calamitavano l'adesione), oggi connota ogni settore produttivo. Così che anche sigle numericamente residuali possono, ragionevolmente, pensare di mettere in ginocchio il sistema.
Come sta accadendo anche oggi.
Lo Stato, per primo, deve rispettare i lavoratori garantendo che ad essi vengano riconosciute le forme legali di dissenso o protesta. Ma se a pagare il fio degli scioperi sono sempre i cittadini utenti (ma anche altri settori economici, come, ad esempio il turismo), forse qualche correttivo si deve pure trovare.
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ci ha anche provato, ma senza grandi risultati, cercando di porre rimedio al singolo sciopero e non invece cercando una strada diversa, dialogando e non minacciando.
Certo, una impresa vista la radicalizzazione del confronto, ma se non si fa parte diligente il ministro competente, non vediamo chi possa farlo.
E intanto che chi vuole scioperare sciopera, chi deve partire resta come ''color che son sospesi'', non in un limbo, ma nell'inferno.