Innovation
Tlc, l’Italia davanti al bivio: “Agire subito per non perdere la sfida della competitività digitale”
Redazione

Al Forum Nazionale delle Telecomunicazioni 2025, ospitato oggi alla Luiss Guido Carli di Roma e promosso da Asstel insieme a Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, è emersa la convinzione unanime che senza un intervento strutturale e immediato, l’Italia rischia di compromettere la propria traiettoria digitale, con ricadute dirette su Pil, competitività e qualità del lavoro.
Tlc, l’Italia davanti al bivio: “Agire subito per non perdere la sfida della competitività digitale”
Pietro Labriola, Presidente di Asstel (in foto), ha descritto, in modo pragmatico e diretto, quella che definisce “la contraddizione fondamentale” del settore: da dieci anni i ricavi sono in calo costante, mentre gli investimenti continuano a crescere in un contesto finanziario più oneroso. Il costo del capitale per le Tlc è passato dal 7,3% all’8,1% in soli quattro anni, un incremento che ha “quasi azzerato la capacità delle imprese di generare cassa”, causando un rallentamento degli investimenti privati. A pesare è stato anche l’esborso record per le frequenze 5G, il più alto d’Europa, che ha drenato risorse fondamentali ritardando lo sviluppo delle reti stand-alone, essenziali per l’economia digitale.
Labriola ha fatto presente un punto decisivo: “Le telco europee non controllano più il valore della filiera”. Oggi oltre metà del traffico dati globale è generato dalle Big Tech, che costruiscono modelli altamente redditizi senza investire nelle reti. Un rapporto che definisce “quasi parassitario”, e che impone all’Europa un cambio di passo per creare veri champion continentali delle infrastrutture digitali: cloud, cybersecurity, data center, connettività avanzata.
Il quadro competitivo italiano rende l’urgenza ancora più forte. I prezzi delle Tlc, già i più bassi in Europa, continuano a scendere: -30% dal 2015 al 2024, con un ulteriore -4,7% nel primo semestre 2025. Una dinamica che ha contribuito al calo del 4% degli investimenti privati nel 2024, pari a 6,5 miliardi di euro. Se si considera l’inflazione, la riduzione reale dal 2019 sfiora il 26%. Allo stesso tempo il traffico dati continua a esplodere: +12% sulla rete fissa e +14% su quella mobile nel 2024, trainato per oltre metà proprio dai colossi digitali.
Il Forum ha messo in evidenza un settore che, pur essendo infrastruttura essenziale per l’intera economia, è schiacciato da margini erosi, costi energetici crescenti, inflazione, regolazione frammentata e un numero di operatori ancora troppo elevato. Eppure, dal 2007 al 2024, le Tlc hanno garantito oltre 135 miliardi di euro allo Stato in entrate fiscali, un contributo che testimonia la centralità della filiera per il Paese.
Dal Forum è emerso un altro tema cruciale: il capitale umano. Nel 2024 il 95% dei lavoratori della filiera è stato coinvolto in percorsi di formazione, ma il mercato soffre di una grave carenza di competenze in AI, machine learning, cybersecurity, data protection e analytics. Per accompagnare la trasformazione dell’ecosistema Tlc servono nuovi modelli organizzativi, approcci agili, ricambio generazionale e strumenti per l’upskilling e il reskilling continui.
Il Forum ha coinciso con la firma dell’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale, definito da Labriola “non un semplice rinnovo, ma un contratto di trasformazione”. Una visione condivisa dai sindacati, che hanno sottolineato che ora servono fatti, non più parole.
Per Riccardo Saccone (Slc Cgil) il Governo deve finalmente assumersi la responsabilità di politiche industriali e regolatorie coerenti: “La transizione digitale del Paese passa di qui, e la disattenzione non è più tollerabile”. Saccone ha richiamato le imprese a investire su innovazione e qualità dell’occupazione, specie nei customer service, contrastando i contratti pirata e una filiera degli appalti spesso al ribasso.
Una chiamata al pragmatismo arriva anche da Alessandro Faraoni (Fistel Cisl), che invita a “pilotare con coraggio le sfide dell’AI e della digitalizzazione”, valorizzando il nuovo contratto nazionale, che introduce nuove figure professionali, flessibilità moderne e un ampliamento del perimetro di rappresentanza verso cloud e ICT. Per Faraoni, il vero banco di prova sarà “dare gambe al patto per lo sviluppo industriale della filiera”.
Sul fronte Uil, Salvo Ugliarolo ha ribadito la necessità di interventi strutturali, poiché la competizione esasperata, i costi energetici e le gare al massimo ribasso, anche nel pubblico, stanno compromettendo la sostenibilità di settori chiave come i call center. Per questo, ha ribadito, è indispensabile “un confronto autentico tra Governo, imprese e sindacati” e un potenziamento degli strumenti come il Contratto di Espansione.
Dal Forum è emerso, dunque, che l’Italia è a un bivio. Per affrontare il nuovo ecosistema digitale, più integrato, più esigente e più competitivo, servono sei leve strategiche: regole stabili, investimenti in connettività avanzata, criteri sostenibili per lo spettro radio, riconoscimento del ruolo energetico del settore, riforma complessiva dei call center e politiche industriali di lungo periodo basate sul lavoro qualificato e sulla formazione continua.
La trasformazione è già in atto, il traffico cresce, la domanda di servizi digitali esplode. Ciò che resta da capire è se il Paese saprà accompagnare questa transizione o se resterà intrappolato in un modello che non regge più. Il 2025 potrebbe essere l’anno decisivo per scegliere in quale direzione andare.