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World Media Headlines: il controverso piano di pace in Ucraina dell'amministrazione Trump

Barbara Leone
 
World Media Headlines: il controverso piano di pace in Ucraina dell'amministrazione Trump

La scena internazionale è dominata oggi dal piano di pace per l'Ucraina che divide Washington e l'Europa. La bozza del documento, riferisce la CNN - la cui autenticità è stata confermata da un funzionario statunitense -, stabilisce che la Crimea, Luhansk e Donetsk verrebbero riconosciute "di fatto come russe, anche dagli Stati Uniti", segnando un'inversione radicale rispetto alla politica americana di lunga data sul rispetto dell'integrità territoriale ucraina.

World Media Headlines: il controverso piano di pace in Ucraina dell'amministrazione Trump

Il piano prevede inoltre che le regioni di Kherson e Zaporizhia vengano congelate lungo la linea di contatto attuale, mentre le forze ucraine dovrebbero ritirarsi dalle zone del Donbass ancora sotto loro controllo, creando una zona cuscinetto demilitarizzata.

Tra le disposizioni più controverse figura anche l'impegno a non far entrare l'Ucraina nella NATO, il divieto di stazionamento di truppe dell'Alleanza Atlantica sul territorio ucraino e la limitazione delle forze armate di Kiev a 600.000 effettivi. Nonostante le evidenti concessioni richieste all'Ucraina, il presidente Volodymyr Zelenskiy ha dichiarato ieri di essere pronto a lavorare "onestamente" con Washington sul piano, dopo aver incontrato a Kiev un alto funzionario militare statunitense. Il segretario dell'esercito Dan Driscoll ha consegnato personalmente la proposta a Zelenskiy e, secondo un funzionario della difesa americana citato dalla CNN, i due avrebbero concordato "una tempistica aggressiva per la firma" di un accordo quadro per lavorare a un eventuale trattato di pace.

Tuttavia, il piano ha suscitato forti perplessità in Europa, dove viene percepito come eccessivamente sbilanciato a favore di Mosca. Reuters riporta che gli alleati europei si sono opposti alle punitive concessioni alla Russia, mentre mercoledì scorso funzionari europei e ucraini avevano già definito alcune richieste come "inaccettabili e massimaliste". La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha respinto le critiche, sostenendo che si tratta di "un buon piano sia per la Russia che per l'Ucraina" e che l'amministrazione ha "parlato equamente con entrambe le parti", anche se il piano rimane "in divenire".

Dietro le quinte dei negoziati emerge una figura chiave: Kirill Dmitriev, diplomatico russo e capo del Fondo russo per gli investimenti diretti. Come riporta la BBC, Dmitriev ha trascorso tre giorni a Miami con l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, da cui è emersa la bozza del piano. A 50 anni, con una profonda conoscenza degli Stati Uniti dove ha studiato e lavorato, Dmitriev è diventato un interlocutore fisso dell'amministrazione Trump praticamente dall'inizio del secondo mandato presidenziale. I due si sarebbero incontrati per la prima volta nel febbraio 2025, quando l'inviato russo ebbe un ruolo nella liberazione di un insegnante americano da una prigione russa.

Sul fronte interno americano, le tensioni politiche hanno raggiunto livelli allarmanti dopo che ieri il presidente Donald Trump ha accusato sei parlamentari democratici di sedizione "punibile con la MORTE" per aver pubblicato un video martedì in cui invitavano i militari statunitensi a rispettare la Costituzione e a sfidare gli "ordini illegali". Il video di 90 secondi, pubblicato dall'account X della senatrice Elissa Slotkin, vede la partecipazione anche del senatore dell'Arizona Mark Kelly e dei deputati Jason Crow, Chris Deluzio, Maggie Goodlander e Chrissy Houlahan.

Nel filmato, sottolinea AP News, i legislatori parlano direttamente ai militari statunitensi, riconoscendo che sono "sotto enorme stress e pressione in questo momento" e affermando che l'amministrazione Trump "sta mettendo i nostri militari in uniforme contro i cittadini americani". Il video si conclude con l'esortazione "Non abbandonate la nave", una frase storica risalente alla guerra del 1812. Sebbene i parlamentari non abbiano menzionato circostanze specifiche, la diffusione del video coincide con i continui tentativi dell'amministrazione Trump di inviare truppe della Guardia Nazionale nelle città statunitensi, operazioni in alcuni casi bloccate in tribunale. Alcuni democratici hanno accusato Trump di comportarsi come un re e di cercare di distrarre l'attenzione dai file di prossima pubblicazione sul finanziere e molestatore sessuale Jeffrey Epstein. Nel frattempo, sempre secondo AP News, la Guardia Costiera statunitense ha dovuto affrettarsi a modificare una controversa policy sui simboli d'odio.

Dopo che giovedì i media, in particolare il Washington Post, avevano scoperto che l'agenzia aveva redatto una politica che definiva svastiche e cappi come simboli "potenzialmente divisivi", la Guardia Costiera ha pubblicato poche ore dopo una nuova versione più severa. Il nuovo testo dichiara che "i simboli e le bandiere divisivi o che incitano all'odio sono proibiti", includendo esplicitamente "un cappio, una svastica e qualsiasi simbolo o bandiera cooptati o adottati da gruppi che incitano all'odio".

Il cambio di rotta rappresenta un ritorno alla politica pluriennale introdotta nel 2019, che definiva tali simboli come "ampiamente identificati con l'oppressione o l'odio". Intanto, l’amministrazione Trump sta procedendo anche a una radicale ridefinizione dei parametri per valutare le violazioni dei diritti umani nel mondo. Secondo quanto riporta la BBC, il Dipartimento di Stato ha diffuso nuove istruzioni a tutte le ambasciate e i consolati americani coinvolti nella compilazione del rapporto annuale sulle violazioni dei diritti umani, stabilendo che i paesi che applicano politiche basate sulla diversità, l'equità e l'inclusione (DEI) di razza o di genere saranno considerati in violazione dei diritti umani.

Le nuove regole ritengono inoltre che costituiscano violazioni dei diritti umani anche i sussidi statali per l'aborto, la chirurgia di transizione di genere per minori, la facilitazione dell'immigrazione di massa e gli arresti o le indagini ufficiali per discorsi d'odio. Quest'ultimo punto rappresenta un riferimento esplicito all'opposizione dell'amministrazione alle leggi sulla sicurezza di Internet adottate da alcuni paesi europei. Un alto funzionario del Dipartimento di Stato, parlando a condizione di anonimato, ha giustificato le modifiche affermando che "gli Stati Uniti restano fedeli al riconoscimento della Dichiarazione d'Indipendenza secondo cui tutti gli uomini sono dotati dal Creatore di alcuni diritti inalienabili", aggiungendo che tali diritti "ci sono stati dati da Dio, il nostro creatore, non dai governi". Il portavoce aggiunto Tommy Pigott ha dichiarato che le nuove direttive mirano a fermare "le nuove ideologie distruttive [che] hanno offerto un porto sicuro alle violazioni dei diritti umani".

I critici hanno reagito duramente a questi cambiamenti. Uzra Zeya, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato che ora dirige l'organizzazione Human Rights First, ha accusato l'amministrazione di "militarizzare i diritti umani internazionali per fini di parte interni" e di escludere i diritti di "donne, persone LGBTQI+, minoranze religiose ed etniche e non credenti". Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato sui diritti umani, storicamente considerato lo studio più completo del suo genere, era rimasto sostanzialmente simile nelle amministrazioni repubblicane e democratiche, ma l'ultima versione pubblicata ad agosto dall'amministrazione Trump è stata significativamente riscritto e ridimensionato, riducendo le critiche verso alcuni alleati degli Stati Uniti e aumentando la disapprovazione verso i presunti nemici. Intanto oggi si terrà il primo incontro faccia a faccia tra Trump e Zohran Mamdani, democratico progressista membro del gruppo socialista democratico, dopo uno scontro verbale durato tutta la campagna elettorale. Trump, riporta ABC, ha annunciato l'incontro mercoledì sera sui social media ripetendo l'etichetta "comunista" che ha usato contro Mamdani e mettendo il suo secondo nome, Kwame, tra virgolette.

Tuttavia, il trentaquattrenne sindaco eletto ha dichiarato di non essere preoccupato e di considerare l'occasione "un'opportunità per esporre le mie ragioni", inclusa la lotta alla "crisi nazionale di accessibilità economica". Mamdani è stato un acceso critico dell'amministrazione Trump, in particolare per le politiche sulle deportazioni e gli attacchi alle città gestite dai democratici. La sera delle elezioni, nel suo discorso di accettazione, si era rivolto direttamente a Trump promettendo di proteggere gli immigrati: "Per arrivare a uno qualsiasi di noi, dovrete passare attraverso tutti noi". Da quando ha vinto le primarie democratiche di giugno, Trump si è espresso ripetutamente contro il deputato statale, arrivando a minacciare a luglio di deportarlo, nonostante Mamdani, nato in Uganda e trasferitosi a New York da bambino, sia cittadino statunitense naturalizzato dal 2018.

Infine, la battaglia sul clima alla COP30 in Brasile. Il Guardian ha rivelato che almeno 29 nazioni favorevoli all'eliminazione graduale dei combustibili fossili hanno inviato una lettera alla presidenza brasiliana della COP30 minacciando di bloccare qualsiasi accordo che non preveda questo impegno, in una significativa escalation delle tensioni nei colloqui cruciali di Coalizione. La lettera trapelata, i cui firmatari includono Austria, Belgio, Cile, Colombia, Costa Rica, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Guatemala, Honduras, Islanda, Irlanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Monaco, Paesi Bassi, Panama, Palau, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Vanuatu, chiedeva che una tabella di marcia per la transizione dai combustibili fossili fosse inclusa nell'esito dei colloqui. Il testo afferma chiaramente: "Non possiamo sostenere un risultato che non includa una tabella di marcia per attuare una transizione giusta, ordinata ed equa dai combustibili fossili. Qualsiasi cosa di meno sarebbe inevitabilmente vista come un passo indietro".

Questa mattina, la presidenza brasiliana ha pubblicato un testo "mutirão" che non conteneva alcun riferimento alla tabella di marcia né al termine "combustibili fossili", dopo aver subito pressioni da alcuni petrostati, tra cui Arabia Saudita, Russia e grandi consumatori di combustibili fossili come l'India. Alcuni dei paesi contrari alla roadmap avevano minacciato di abbandonare i colloqui giovedì, prima che scoppiasse un incendio in una parte del centro conferenze e i colloqui venissero sospesi per più di sei ore. Il ministro dell'ambiente della Colombia, Irene Velez Torres, ha dichiarato al Guardian che la lettera è stata pubblicata dopo che la presidenza ha presentato un testo "prendere o lasciare" ritenuto "insufficiente per il livello di ambizione e attuazione che questa COP deve garantire". La questione riporta alla storica decisione della COP28 di Dubai nel 2023, quando per la prima volta venne stabilito l'impegno di tutti i paesi ad "abbandonare i combustibili fossili", senza però stabilire alcuna tempistica né misure concrete per realizzarlo.

Da allora, alcuni paesi, principalmente l'Arabia Saudita, hanno cercato di smantellare questo impegno, e nel 2024 un tentativo di riconfermarlo durante la COP29 in Azerbaigian è fallito a causa dell'opposizione. Quest'anno oltre 80 paesi hanno aderito a una strategia diversa, iniziando a elaborare proposte per un forum dove tutti i paesi potrebbero discutere una possibile tabella di marcia per la transizione, senza richiedere a nessuna nazione di sottoscrivere una scadenza precisa e permettendo a ciascuno di scegliere le proprie politiche. Tuttavia, questa iniziativa si è rivelata troppo ambiziosa per i paesi che ancora si oppongono, guidati da membri del gruppo noto come "paesi in via di sviluppo con idee affini", che comprende Arabia Saudita, Egitto, Iran e Bolivia. I colloqui, che dovevano concludersi oggi, proseguiranno probabilmente fino al fine settimana mentre le parti cercano di trovare un compromesso su questa questione cruciale per il futuro del pianeta.

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