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Sinner contro Posillipo: la disfida nazionale al tramonto del palinsesto

Barbara Leone
 
Sinner contro Posillipo: la disfida nazionale al tramonto del palinsesto

Roma, Internazionali d’Italia. Il cielo incerto, l’umidità nei polsini e un Jannik Sinner in tenuta da gladiatore postmoderno che s’appresta a scendere nell’arena per affrontare il prode Cerundolo, ignaro forse che quel rovescio in top spin avrebbe scatenato un’insurrezione popolare. Non tra gli argentini, no. Bensì tra un manipolo agguerrito di telespettatori orfani. Non di figli o cani smarriti. Ma di… “Un posto al sole”. Perché la  patria, si sa, si divide da secoli fra guelfi e ghibellini, juventini e interisti, carbonara col guanciale o la pancetta.

Sinner contro Posillipo: la disfida nazionale al tramonto del palinsesto

Ma mai ci saremmo aspettati di assistere alla disfida suprema: Sinner contro le casalinghe di Posillipo. Sì, perché ieri il palinsesto di mamma Rai, quel fragile castello di carte della nostra televisione generalista, è crollato come un soufflé di Antonino Cannavacciuolo lasciato incustodito. La partita fra Sinner e Cerundolo, infatti, doveva iniziare alle 15, poi c’era la pioggia, poi l’umidità relativa, infine le cavallette. Fatto sta che il match di Jannik ha trovato spazio solo dopo le 19, proprio quando le devote adepte della soap partenopea si apprestavano al rosario serale delle relazioni incestuose, delle eredità contese e dei camorristi infiltrati nei cantieri. Ed ecco l’oltraggio: “Un posto al sole” non va in onda scalzato, come un usurpatore venuto dal Nord con la racchetta in spalla, dal rosso di San Candido pronto a invadere la Terza Rete. Non metaforicamente. Letteralmente.

Immediata la sommossa digitale. Su X (ex Twitter, per chi ancora vive tra i VHS e i modem 56k) l’hashtag #RidateciUpas inizia a salire come la marea tra i Navigli. “Che ci fa Sinner su Rai Tre?”, grida l’Internauta Esacerbato. “Che la maledizione del popolo di Upas colpisca il tennis e chi lo guarda!”, augura l’Appassionata Vendicativa, mentre un altro si lascia andare a un più sintetico ma denso “chissenefrega della partita”. È il dramma dell’italiano medio: un conflitto di passioni, come se Proust e Barbara d’Urso condividessero lo stesso tè delle cinque. D’altronde, “Un posto al sole” va in onda da così tanto tempo che ormai si studia alle elementari, al pari della Divina Commedia. Anzi, con più colpi di scena del Purgatorio e più amori sbagliati dell’Inferno. Ma la Rai, divina madre del popolo e sua eterna matrigna, stavolta ha osato. Ha comprato i diritti di un evento sportivo importante e, udite udite, ha deciso di mostrarlo. Gratis. In chiaro. In diretta. E già qui meriterebbe un applauso, o almeno un buffet.

Dall’altra parte, verrebbe da dire, “Un posto al sole” è in onda da decenni, quindi se ancora non avete capito dove si trova questo benedetto sole andate in libreria. Che poi,spoiler dall’estero, non vi siete persi proprio niente: Michele è stato riassicurato da Rossella che con Roberto è stata solo una scappatella, Elena ha scoperto che il suo nuovo compagno vegano in realtà gestisce di nascosto un kebabbaro notturno a Secondigliano, e si è sentita tradita due volte: una come donna e una come attivista animalista. Mentre Eduardo - esiste non esiste non lo so, ma non può di certo mancare un Eduardo in una soap napoletana - ha tentato una tresca con la cugina dell’ex suocera del suo miglior amico, nonostante la cosa richiedesse più incastri genealogici di una puntata di “Chi l’ha visto?”. Lei però ha scoperto tutto tramite il gruppo Facebook “Traditi ma eleganti” e ha diffuso la chat incriminata in un meme virale.

E però, il vero protagonista di questa tragicommedia nazionale è lui; Sinner, che alla fine dell’epica battaglia ha dichiarato, con la modestia del campione e il gergo del centro sportivo di provincia: “Era molto difficile. È stato difficile. Le condizioni erano molto difficili.” Una complessità degna dei migliori versi di Montale, o almeno dei peggiori dialoghi di Centovetrine. Dunque, dove eravamo rimasti? Ah sì: nella corte buffa del servizio pubblico, dove ogni giorno può portare una farsa nuova, oggi tennis, domani curling, dopodomani una replica del Festivalbar del ‘94. E il popolo, diviso tra il dritto incrociato e il bacio rubato, si affanna, twitta, protesta, inneggia. Come se da quel posto al sole dipendesse il destino stesso della nazione. E forse, in fondo, è proprio così. Perché, come ogni vero feuilleton, anche questa vicenda ci lascia con una domanda sospesa, dolceamara come un caffè servito tiepido: ma davvero ci stiamo appassionando a queste robe? Nell’attesa, cara Italia, siediti comoda. Hai appena vissuto un episodio irripetibile di “Un posto nel caos”, spin-off non autorizzata della più lunga fiction della realtà. E qui, non è prevista la pubblicità.

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