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Flotilla: l'Italia scende in piazza, ma a tenere banco è la politica

Redazione
 
Flotilla: l'Italia scende in piazza, ma a tenere banco è la politica

Decine di migliaia di persone, nelle piazze e nelle strade di tutt'Italia, hanno rappresentato, in modo evidente, la protesta del Paese contro le politiche di Israele, che non ha esitato ad agire, in acque internazionali, per fermare le navi della Flotilla, dirette a Gaza per portare aiuti alla popolazione.

Flotilla: l'Italia scende in piazza, ma a tenere banco è la politica

Lungo e significativo l'elenco delle città coinvolte nella protesta, che ha assunto due profili essenziali: quella di manifestazione realmente contro Israele e l'altra, più politica, per dimostrare come il Paese reale non segua pedissequamente le scelte del Governo.

Non è questa la sede per approfondire le tesi del Governo e come esse siano contestate dalle opposizioni - fermo restando che quanto accade nella Striscia e a Gaza City, in particolare, tutto è fuorché una guerra, lambendo la distruzione di un popolo, per la colpa di pochi -, ma è forse necessaria una riflessione su come, nel nostro Paese, la radicalizzazione dello scontro politico stia salendo di intensità, preferendo i toni aspri a quelli del confronto civile, un concetto che ormai sembra essersi perso tra le brume del passato.

Le proteste per quanto accade in Medio Oriente sono da condividere, sino a quando Israele non deciderà di fermarsi, pure se la sua iniziale motivazione - colpire Hamas, dopo l'attacco del 7 settembre di due anni fa - sembra ormai essere stata superata dalla crociata scatenata dalla frangia oltranzista del suo governo, in cui il primo ministro, Benjamin Netanyahu, è lui stesso ostaggio dei ministri di estrema destra, fautori della cancellazione materiale del ''problema Palestina''.

Ma queste stesse proteste sono state prese a pretesto per una guerra di idee che ha forse perso di visto il motivo scatenante, per una prova di forza tra due schieramenti in cui la compattezza della maggioranza di centrodestra ha, come contraltare, un insieme non organico di oppositori, con ciascuno che va per la sua strada e con obiettivi che male si conciliano con quelli dell'altro.

E il climax (nell'accezione medica del termine) della contrapposizione mediatica è di continuo raggiunto e sopravanzato, attingendo al solito campionario di ''io'', ''noi'', ''loro'' e ''voi'', che serve solo a focalizzare l'attenzione su argomenti squisitamente politici e che alla gente comune interessano il giusto, ovvero poco o nulla.

Se all'annuncio di uno sciopero - che a detta del Garante, per il mancato preavviso, è al di fuori delle regole e quindi illegittimo, mentre chi lo ha dichiarato fa appello a non meglio chiarite esigenza di ''difesa dell'ordine costituzionale'' che può significare tutto, ma anche niente - si replica dicendo che, essendo stato indetto per un venerdì, è solo il modo di godere di un long weekend, si getta benzina sul fuoco e non certo si cerca di trovare un terrendo di dialogo. Ma questo linguaggio muscolare, caro al tanto amato Donald Trump, che, in verità, dice anche di peggio, sembra riportare l'orologio della politica italiana ad un'epoca in cui prima ci si insultava, sempre, ma sapendo che alla fine un accordo, anche solo di non belligeranza, si sarebbe trovato.

Ora questo non c'è più anche perché il livello dialettico del confronto è, a voler essere generosi nel giudizio, bassino perché chi va ad esporre le idee del partito di appartenenza ripete tesi e argomenti come fossero una filastrocca. Come i bambini che mandano a memoria una poesia, senza capirne il senso.

Sta accadendo anche oggi, un giorno in cui si dovrebbe parlare di Gaza e si finisce a disquisire di prerogative e competenze, a conferma di come ormai tutto è preso a pretesto per buttarla in politica. Che sarebbe cosa buona e giusta se grazie ad essa si trovassero soluzioni ai problemi della gente, che invece ci sono (più di quanto si dica) e nemmeno pochi.
Ma vuoi mettere la soddisfazione di tirare fuori la kefya che, dai tempi dell'università, era finita in fondo all'armadio o di dire che la violenza è solo a sinistra?

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