La trasformazione digitale del sistema sanitario italiano ha raggiunto un punto di svolta. Gli investimenti in Sanità digitale nel 2024 ammontano a 2,47 miliardi di euro, con una crescita del 12% rispetto al 2023. L’attuazione delle misure previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza comincia a produrre effetti tangibili: sono operative le piattaforme di Telemedicina, si diffondono soluzioni digitali nei presidi ospedalieri e prosegue lo sviluppo del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, snodo centrale per l’interoperabilità e l’efficienza del sistema.
Sanità digitale: verso un sistema integrato e sostenibile, tra AI, Telemedicina e Fascicolo Sanitario Elettronico
Le tecnologie ci sono e iniziano a essere utilizzate, ma il quadro che emerge dalla ricerca svolta in collaborazione con AMD, AME, FADOI, Homnya, SIMFER e, per la Medicina Generale, con FIMMG, mostra un’adozione ancora frammentata e non sistemica.
Il 36% dei medici specialisti e il 52% dei Medici di Medicina Generale ha utilizzato servizi di Televisita; il 30% e il 46%, rispettivamente, ha sperimentato soluzioni di Telemonitoraggio. Ma si tratta in gran parte di pratiche episodiche, non ancora integrate stabilmente nei percorsi di cura. Le criticità si manifestano anche nella comunicazione con i pazienti: oggi sei cittadini su dieci utilizzano WhatsApp per interagire con il proprio medico.
Uno strumento pensato per la messaggistica privata, non per la gestione delle informazioni sanitarie. I medici, dal canto loro, dedicano in media un’ora al giorno a queste comunicazioni. Secondo la ricerca condotta con BVA Doxa, l’introduzione di strumenti di comunicazione strutturati e dedicati all’ambito sanitario potrebbe restituire a ciascun medico oltre una settimana lavorativa all’anno, liberando tempo da reinvestire in attività cliniche e assistenziali. Sul piano dell’interazione tra cittadini e sistemi digitali, il Fascicolo Sanitario Elettronico mostra segnali di crescita: il 41% della popolazione lo ha già utilizzato, con il 60% degli utenti che ha espresso il consenso al trattamento dei dati personali.
Un ulteriore 25% è disposto a farlo, motivato dalla possibilità di offrire ai professionisti sanitari una visione completa, aggiornata e continua della propria storia clinica. Un cambiamento culturale che può fare la differenza nella qualità e tempestività della cura. In parallelo, si afferma l’Intelligenza Artificiale, che comincia a incidere sui processi clinici e amministrativi. Il 31% dei cittadini ha già utilizzato strumenti di AI generativa e l’11% lo ha fatto per esigenze legate alla salute: ricerca di informazioni su sintomi, farmaci, terapie.
Ma l’AI entra anche nella pratica quotidiana dei professionisti: il 26% dei medici specialisti, il 46% dei Medici di Medicina Generale e il 19% degli infermieri, secondo i dati rilevati con il supporto di FNOPI, ha già fatto ricorso a soluzioni basate su Gen AI. Anche in questo caso, si tratta perlopiù di strumenti non progettati per l’ambito sanitario, ma adattati da piattaforme generaliste. Eppure il potenziale è evidente: grazie all’Intelligenza Artificiale, ogni medico specialista potrebbe risparmiare due giornate all’anno nella ricerca scientifica e recuperare una settimana in attività a basso valore aggiunto come la gestione documentale o amministrativa.
Una prospettiva che non elimina il fattore umano, ma lo rafforza, liberando tempo e risorse da destinare alla relazione di cura. L’Italia, su questo fronte, non parte da zero. Ma il salto di qualità passa ora dalla sperimentazione alla strutturazione, dall’adozione individuale alla governance condivisa: i prossimi dodici mesi saranno decisivi.