Cultura

Quel pasticciaccio di via del Collegio Romano

Redazione
 
Quel pasticciaccio di via del Collegio Romano

C’è un’aria strana, di quelle che si respirano quando la cultura incrocia la politica e finisce che si guardano in cagnesco. Succede ormai da tempo, ma in questi giorni la scena si è fatta quasi teatrale, con toni da commedia dell’assurdo. Il palcoscenico è il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, ma le prove generali sembrano andare in scena qualche isolato più in là, in via del Collegio Romano, sede del Ministero della Cultura. È lì che si consuma, in modo tanto elegante quanto surreale, l’ennesimo capitolo della saga “Premio Strega vs. il Ministro di turno”.

Quel pasticciaccio di via del Collegio Romano

E così, dopo il siparietto già diventato leggenda con protagonista Geppi Cucciari — la quale, nel 2023, si “permise” di chiedere ingenuamente al ministro Gennaro Sangiuliano cosa pensasse dei libri finalisti, ricevendone in cambio un’onesta ammissione di ignoranza e replicando con una battuta che fece il giro del web — si pensava che peggio non potesse andare. E invece. A raccogliere il testimone del gran rifiuto è Alessandro Giuli, che alla vigilia della serata finale fa sapere che no, lui non ci sarà.

Troppo impegnato con missioni culturali a Berlino, tra bilaterali, saluti istituzionali e l’inaugurazione della mostra sui Bronzi di San Casciano. Nobili impegni, per carità. Ma la tempistica non poteva essere più infelice. Così, mentre l'élite letteraria italiana si prepara a sventolare il suo premio più prestigioso, il ministro manda a dire che sì, era stato invitato — “carinissimi” gli organizzatori, ci tiene a precisare — ma che, dettaglio non da poco, nessuno gli ha fatto recapitare i libri in gara. Il tono è quello del gentiluomo ferito ma spiritoso: “Si vede che mi considerano un ‘nemico della domenica’”, dichiara tra una stretta di mano e l’altra in Transatlantico. Ma la risposta dalla Fondazione Bellonci non tarda.

E arriva puntuale, precisa, formale, con la cortesia affilata che si usa nei salotti dove si fa finta di non litigare. Il direttore Stefano Petrocchi ricorda che i rapporti sono sempre stati “amichevoli”, che ci si è salutati “cordialmente” al Salone del Libro di Torino, e che i libri non sono stati inviati perché, semplicemente, il ministro si è dimesso dalla giuria il giorno stesso della sua nomina. Tradotto: se uno non fa parte della giuria, perché dovremmo mandargli i volumi? Dal Collegio Romano, però, si affaccia una voce stizzita, che denuncia una presunta “sgrammaticatura istituzionale”. Secondo fonti del ministero, la Fondazione avrebbe “declassato lo Strega, allontanandolo dal suo naturale referente istituzionale”.

E a nulla serve l’invito — sempre garbato, sempre sottile — a tornare tra le fila della giuria “qualora volesse”. Perché evidentemente non vuole. Nel frattempo, Giuli prova a sdrammatizzare con una punta d’ironia un po’ dolciastra: “La serata sarà bella lo stesso. Magari un po’ meno divertente, senza Geppi Cucciari e Alessandro Giuli”. E poi aggiunge, con tono da lettore solitario: “I libri? Poi magari me li compro. Per il piacere di leggerli, perché il piacere di leggere ce l’ho”. Una dichiarazione d’amore alla letteratura, ma con l’amaro in bocca. D’altronde, in Italia si legge poco e si governa molto.

Insomma, lo Strega dovrà fare a meno del suo ministro. Il secondo forfait consecutivo. Qualcuno direbbe che si tratta di una rottura diplomatica, altri che è solo una coincidenza di agende. Ma il punto è un altro: perché, tra un invito saltato e una giuria mai rientrata, questo Premio — che dovrebbe essere una festa della cultura — si sta trasformando in un’ennesima occasione di polemica istituzionale? Nel frattempo, i libri — quelli veri, scritti, letti, votati — sono pronti a salire sul palco.

Il super favorito è Andrea Bajani con L’anniversario (Feltrinelli), già vincitore dello Strega Giovani. Ma a contendergli la vittoria ci sono due donne agguerrite: Nadia Terranova con Quello che so di te (Guanda) e Elisabetta Rasy con Perduto è questo mare (Rizzoli), con quest’ultima in rimonta secondo i beninformati. A completare la cinquina ci sono Paolo Nori, con un titolo programmatico Chiudo la porta e urlo (Mondadori), e Michele Ruol con Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa). A mancare, oltre al ministro, sarà anche Geppi Cucciari. A sentirne la mancanza è Pino Strabioli, che aveva condiviso con lei la conduzione nel 2024. Quest’anno, il palco sarà affidato a Filippo Timi — che ha preparato cinque “momenti teatralizzati” con gli incipit dei finalisti — e ad Anna Foglietta, che ricorderà Pasolini, a cinquant’anni dalla morte, tracciando un fil rouge (non politicamente parlando, o forse sì?) tra lui e le famiglie protagoniste dei romanzi in gara. A completare la serata, un’intervista ad Anna Foa, fresca vincitrice della prima edizione del Premio Strega Saggistica con Il suicidio di Israele (Laterza).

Su tutto, una sola certezza: il pasticciaccio di via del Collegio Romano non è di Gadda. Peccato, perché quella era cultura. Questo è solo un guaio ministeriale.

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