Politica

Ponte sullo Stretto: si mette in moto la macchina del 'No'

Redazione
 
Ponte sullo Stretto: si mette in moto la macchina del 'No'

Due o diecimila, non è ben chiaro, comunque sono scesi in molti in piazza per manifestare, tra Villa San Giovanni e Messina, la netta opposizione alla realizzazione del Ponte.
Molti slogan, alcuni - forse anche qualcuno di troppo - un po' sopra le righe, accomunati dal medesimo obiettivo, Matteo Salvini, che dell'attraversamento stabile dello Stretto ha fatto una battaglia personale, mettendoci la faccia e, come ha anche fatto nelle ultime ore, difendendo l'opera che, ha detto, dopo il costo vivo della realizzazione, dispiegherà effetti positivi nel tempo, contribuendo in modo sostanziale all'economia nazionale.

Ponte sullo Stretto: si mette in moto la macchina del 'No'

Salvini ha anche fatto un po' di conti per dire, sulla base delle sue proiezioni, che "abbiamo acceso l’interesse mondiale per un’opera unica che genererà 23 miliardi di Pil da Nord a Sud, richiamando investimenti, lavoro e turismo. Con il via libera, abbiamo raccolto i frutti di quasi tre anni di lavoro, pensi alle Olimpiadi Milano-Cortina e agli investimenti senza precedenti nelle ferrovie".

Il ministro delle Infrastrutture, come da copione, fa il suo mestiere di politico, rivendicando alla Lega, ma soprattutto a sé, un corposo pacchetto di investimenti che collegano idealmente il Nord (le Olimpiadi Milano-Cortina, del 2026) e il Sud (il Ponte sullo Stretto, con un tempo stimato di ultimazione dell'opera tra il 2032 e il 2033) , servendosi anche della rete ferroviaria, verso il cui potenziamento Salvini ha indirizzato un pacchetto di finanziamenti che dovrebbe rendere la rete efficiente, anche in quelle aree che oggi soffrono di una arretratezza ''tecnologica''.

Ma la protesta verso il collegamento stabile tra le due sponde dello Stretto sembra essere sulla strada di perdere lo spontaneismo iniziale, per imboccare quella di una organizzazione capillare che, come s'è visto poche ore fa a Messina, dovrà combattere per non cadere nelle mani dell'evoluzione ideologica dei ''no Ponte''.

Quindi, del pericolo che di essa si faccia un uso strumentale, una pianificazione dell'anti-politica che non ha un avversario, ma un nemico, rango al quale si fa assurgere chiunque si faccia promotore di un'opera elevata a bersaglio, anche se magari portatrice di benessere.

Il pericolo vero, non tanto per il Ponte (Salvini e con lui il governo non possono tirarsi indietro ora, con il progetto approvato in ogni sua componente), è che anche in questo caso si replichi lo schema che, anche pochi giorni fa, ha consentito la devastazione dei cantieri della Tav in Val di Susa, opera che faticosamente si sta completando (tacendo delle ragioni vere e non politiche di chi l'avversa) , con una operazione quasi militare, che l'ha detta lunga su cosa la protesta possa celare.

Per questo, ora e quindi prima che il tentativo di strumentalizzare la protesta vada a buon fine, sarebbe il caso che i promotori dei vari comitati contro il Ponte animati da un vero senso comunitario abbiano la forza di espellere dal loro tessuto ''politico'' chi aspetta solo di infiltrarli, facendone l'avanguardia dell'ennesima distorsione della democrazia.

Prima ancora, come pure qualcuno ha minacciato, che si attui tra Calabria e Sicilia, il modello Val di Susa, i promotori della protesta cerchino di scansare qualsiasi tentativo di fare uno strumento di lotta partitica e non politica.
Il tempo per dialogare con il Governo, magari per spuntare non promesse, ma atti concreti non è certo finito.

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