Economia

L'Italia della Finanza e accademica perde Pellegrino Capaldo

di Demetrio Rodinò
 

Con la morte di Pellegrino Capaldo, spentosi a Roma all'età di 85 anni, l'Italia intera, non solo la finanza e il mondo accademico, perde un pezzo importante della sua storia recente. Perché lo scomparso non era ''solo'' un banchiere, un cattedratico, una parte importante del sistema bancario del Paese, ma anche un punto di riferimento per le nuove generazioni, alle quali, con il suo eloquio bonario, spiegava il mondo per quello che è, ma anche per come dovrebbe essere, tra inclusione ed eguaglianza.

L'Italia della Finanza e accademica perde Pellegrino Capaldo

Era nato ad Atripalda, in provincia di Avellino, nel 1939 e, ad appena 31 anni, era già docente di ragioneria a La Sapienza di Roma. Il suo nome conquistò notorietà nazionale quando il Vaticano, davanti alle complesse problematiche legate alla vicenda Banco Ambrosiano-Ior lo chiamò a fare parte dei tre probiviri designati dalla Segreteria di Stato. Da quel momento (erano i primi anni '80) Pellegrino Capaldo cominciò ad essere un protagonista del mondo bancario, grazie anche alla riconosciuta capacità di affrontare e risolvere vicende complesse. Come dimostrò quando, da presidente della Cassa di Risparmio di Roma, perfezionò l’acquisizione dall’Iri del pacchetto di controllo del Banco di Santo Spirito e, quindi, del Banco di Roma, diventando nel 1992 presidente dell’istituto di credito nato dalla fusione, la Banca di Roma.

Nel 1991 Francesco Cossiga gli conferì la nomina di Cavaliere del Lavoro. Qualche anno dopo, lasciatosi alle spalle le cariche legate al mondo delle banche, tornò a fare quello che forse amava di più, l'attività universitaria e, più in generale, quella di docente, inteso come anello tra il sapere e i suoi destinatari. Come ha fatto, costituendo, insieme a Sabino Cassese la Scuola Politica ''Vivere nella Comunità'' che, nel 2018, volle ''apartitica, multidisciplinare e gratuita, fondata su meritocrazia e merito'', come ricordano Stefano Lucchini, Marcello Presicci, Paolo Boccardelli e Massimo Lapucci, che della Scuola hanno fatto una realtà.

''Il nostro ricordo del Prof. Capaldo - hanno scritto - è quello di un gentiluomo d’altri tempi caratterizzato da una straordinaria visione del bene comune. Una mente apprezzata bipartisan per la sua rara intelligenza e il suo incredibile senso di coerenza e giustizia. Uno studioso di scienze aziendali con un’impronta visionaria e un formidabile interesse sociale per i giovani e le future classi dirigenti. Un vero e puro civil servant, capace di testimoniare con la sua persona il valore anglosassone del “give it back”, offrire qualcosa alla comunità senza sè e senza ma. Scevro da interessi di parte''.

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