Nel vasto e imperscrutabile teatro della civiltà occidentale, pochi oggetti hanno avuto l’ardire di resistere al mutare dei secoli con la stessa stoica imperturbabilità dell’umile orinatoio. Esso, baluardo silenzioso del pudore maschile, vigilante custode dei bisogni più impellenti, ha mantenuto la propria forma pressoché invariata dal tardo Ottocento ad oggi, come un’architettura del necessario, mai osata, mai glorificata, eppure onnipresente come un’ombra discreta nelle intercapedini della modernità. Ora, però, s’impone un sommovimento copernicano nella liturgia della mingitura pubblica.
Elogio metafisico dell'orinatoio perfetto
In quell’emisfero boreale noto come Canada, e più precisamente presso la nobilissima University of Waterloo, un manipolo d’intrepidi filosofi della fisica applicata mascherati da scienziati ha osato interrogare i dogmi. E come novelli Michelangelo alle prese con un blocco di marmo igienico, essi hanno scolpito l’ideale platonico dell’orinatoio perfetto.
La ricerca, pubblicata sulla stimatissima Pnas Nexus, nasce da una domanda che, ne siamo certi, ha funestato i sogni di generazioni di utilizzatori di latrine pubbliche: “Perché ogni volta che compio il mio dovere fisiologico, ne esce un disastro idraulico degno del Reno in piena?” È con questo spirito tragico-epico che i dotti hanno applicato le sublimi leggi della fluido-dinamica non già per deviare fiumi o domare uragani, bensì per guidare con grazia celestiale il biondo flusso dell’umano bisogno. I loro calcoli, eseguiti con la meticolosità di monaci medievali e la passione di scultori rinascimentali, rivelano una verità tanto semplice quanto rivoluzionaria: l’urina produce spruzzi solo quando incontra l’ostacolo ad angolo superiore ai 30 gradi. Al di sotto di questa sacra inclinazione, la quiete regna sovrana. Eureka!, avrebbero urlato gli antichi.
Nascono così due nuove creature: Cornucopia e Nautilus. Nomi che evocano l’abbondanza mitologica e le esplorazioni abissali, e che si rivelano, invero, due orinatoi. Ma non chiamateli vespasiani: essi sono sculture funzionali, allegorie sanitarie, manifesti della civiltà fluida. Testati empiricamente, riducono il raggio di spruzzo all’1,4% rispetto ai volgari e superati modelli attualmente in uso. Il che, tradotto per l’uomo comune, significa meno pantaloni impataccati, meno suole incrostate, e soprattutto meno occhi al cielo da parte del personale addetto alla pulizia dei bagni. Perché sì: è anche una questione di vil danaro. Toronto, città cosmopolita e civilissima, pare infatti che spenda ogni anno più di 120mila dollari canadesi per detergere i bagni della rete metropolitana cittadina.
Una somma che potrebbe essere dirottata verso ben più nobili finalità: l’arte, la cultura o, ironia delle ironie, la scienza stessa. Ma non è tutto. Perché sempre secondo le dotte elaborazioni dei fisici dell'illustre ateneo canadese, il suolo statunitense pullula di oltre 56 milioni di orinatoi pubblici, la cui incessante frequentazione genera annualmente uno stillicidio di schizzi urinari che supera, in volume, il milione di litri.
Una cascata dorata, insomma, che testimonia quanto ampio sia il margine di perfezionamento nel campo. Secondo l’augusto parere degli inventori, insomma, l’introduzione su larga scala di tali capolavori sanitari apporterebbe benefici di rara nobiltà: una drastica riduzione del consumo idrico destinato a detergere i pavimenti insozzati, un’igiene più degna di templi che non di latrine, e, nel caso del mirabile “Nautilus”, un’inedita accessibilità per fanciulli e individui con abilità differenti. Un tripudio di civiltà, insomma, che solo l’ottusità del mercato potrebbe ostinarsi a ignorare. La scienza, dunque, ha pronunciato il suo verdetto; ora tocca all'economia, quel capriccioso arbitro delle sorti umane, decidere se inchinarsi alla ragione o continuare a navigare nel mare, per l’appunto, del proprio piscio.