Nel primo trimestre del 2025 il Gruppo Kering ha dato spettacolo. Peccato che il pubblico fosse scarso e lo spettacolo, più che un fashion show, somigliasse a una seduta di terapia di gruppo. Negozi semivuoti e clienti in fuga, mentre i numeri, ça va sans dire, scivolano in picchiata.
Kering, la primavera non sboccia: boutique semivuote e Gucci in crisi di identità
A livello globale, il Gruppo ha registrato vendite per 3,883 miliardi di euro, con un -14% da brivido sia a tassi correnti che comparabili. La performance diretta al consumatore, che rappresenta il 73% delle vendite totali, ha perso il 16%. L’Asia-Pacifico ha guidato la ritirata con un -25%, seguita da Europa Occidentale e Nord America (-13% entrambe), mentre il Giappone ha cercato di limitare i danni con un elegante -11%.
Ma il vero protagonista del crollo è Gucci, il marchio simbolo che sembra avere smarrito il proprio appeal sui consumatori. Con vendite a 1,6 miliardi di euro e un -24% (tanto per gradire), il brand fiorentino ha vissuto un trimestre da dimenticare. Il retail, che costituisce il 91% delle vendite di Gucci, è sceso del 25%, mentre il wholesale ha detto addio al 33% dei suoi numeri. Forse è tempo di ripensare questa “logomania”, o magari il pubblico si è solo stancato di spendere migliaia di euro per delle sneakers che sembrano uscite dal cassetto del nonno.
Saint Laurent ha provato a restare elegante nel declino, con 679 milioni di euro in vendite e un -8% corrente. Il Medio Oriente salva un po’ la faccia, ma il wholesale continua a soffrire (-24%). Le Royalties e il capitolo “Altro” però si sono presi una piccola rivincita con un +20%. Quando tutto va male, meglio consolarsi con le percentuali marginali.
Poi, come un raggio di sole su una giornata grigia, arriva Bottega Veneta, che si prepara al debutto di Louise Trotter come nuova direttrice creativa e ascende del 4% nelle vendite trimestrali (405 milioni di euro). Il retail vola a +7% e, udite udite, tutte le categorie di prodotto vanno bene. Miracolo o solo una collezione senza monogrammi urlanti? Meditate, gente: meditate.
Le altre Maison di casa Kering, intanto, oscillano tra alti e bassi: 733 milioni di euro di vendite complessive (-11%). Balenciaga si consola con la pelletteria, McQueen rallenta, Brioni sorprende con una crescita a doppia cifra, ma solo nei negozi di proprietà (perché la sartoria da red carpet si compra dal vivo, mica online). Nella gioielleria, Pomellato brilla come una pietra preziosa con la linea Nudo, Qeelin stupisce, Boucheron tiene il passo.
Gli occhiali, come spesso accade, ci vedono lungo: Kering Eyewear chiude il trimestre a 476 milioni di euro (+2% comparabile), mentre Kering Beauté si fa notare con 71 milioni di euro e un +6% grazie a Creed e a nuove fragranze femminili. In tutto, Eyewear e Corporate raggiungono 558 milioni di euro (+4% corrente, +3% comparabile). Forse il futuro non è nei vestiti, ma in profumi e balocchi. Come dire, corsi e ricorsi storici.
Nel frattempo, il presidente e Ceo (e pure marito di Salma Hayek) François-Henri Pinault non perde il suo aplomb e assicura che il gruppo è “interamente concentrato sull’attuazione dei piani per rafforzare le nostre Maison”. Tradotto: siamo nei guai, ma con eleganza e senza tentennamenti, rimboccandoci le maniche di camicie molto costose. L’obiettivo? Uscirne più forti. Del resto, come ogni vero imprenditore che si rispetti, Pinault non molla e rilancia, convinto che dalle crisi si esca sempre più forti: o, come minimo, con un bel paio di occhiali griffati.