Sfogliando le pagine di un quotidiano oppure guardando, sia pure distrattamente, le trasmissioni che si inseguono in televisione, si ha l'impressione di vivere in una realtà distopica, in cui gli italiani si trovano magnificamente perché, abbeverandosi di fatti di cronaca nera, sembrano dimenticare i guai della quotidianità, che sono tanti, anche se c'è chi si affanna a dire che stiamo vivendo nell'età dell'oro.
Società: l'oppio del popolo (italiano) ormai è la cronaca nera
Dando un'occhiata, per lavoro e per curiosità, ai media del resto del mondo, ci siamo accorti che solo in Italia l'attenzione verso la cronaca cosiddetta nera ha ormai assunto una morbosità che non c'è altrove, raggiungendo delle forme di dipendenze che ormai sono preoccupanti.
Intorno ad alcune vicende in cui l'elemento preponderante è la violenza, i media alimentano una totalizzante omogeneizzazione, nel senso che lo stesso argomento viene trattato da tutti, servizio pubblico e gli altri, e, siccome gli argomenti sono quelli che sono, per accrescere l'attenzione si ricorre all'armamentario degli imbonitori, con giornalisti mandati a scandagliare la vita privata non solo dei protagonisti veri del fatto che si racconta, ma anche quella di personaggi assolutamente secondari, molti dei quali raccontano cose ed episodi talmente marginali da essere inutili.
Una fenomeno che è solo italiano, perché, altrove, i ''grandi fatti'' vengono trattati solo nell'immediatezza e non invece ''trascinati'' per giorni, settimane e mesi.
L'esempio dell'omicidio di Chiara Poggi, a Garlasco, dà il quadro perfetto della situazione: tutti ne parlano, ad ogni ora, con esperti che si alzano da una poltrona, escono da uno studio per entrare in un altro e sedersi su uno strapuntino.
Certo ci sono quelli che parlano con cognizione di causa, ma, lo diciamo a mo' d'esempio, che cosa ci si aspetta da un avvocato che è parte di un processo o di un'inchiesta se non che difenda il proprio assistito?
Poi c'è l'altra categoria, quella di chi c'entra in un fatto e per questo diventa la Madonna pellegrina, saltellando da un canale all'altro, da una televisione all'altro, non capendo che la cosa finisce per cadere nel ridicolo.
Tutto serve ad alimentare l'interesse, ma ci chiediamo, fatte salve le primarie esigenze di audience delle tv commerciali, se la Rai possa ancora continuare ad infarcire palinsesti e trasmissioni di fatti che grondano sangue, intorno ai quali viene fatta ruotare la solita compagnia di giro, con personaggi dello spettacolo (soubrette o presunte tali, tanto per dirne una, anche se spesso si tratta di chi ne è ormai ai margini) chiamati ad esprimere giudizi in campi che non gli appartengono, ingenerando nel telespettatore confusione o peggio.
Ma i nostri sono discorsi che lasciano il tempo che trovano perché questa non è più una moda, ma un indirizzo costante, in cui tutto è lecito. Come, d'altra parte, insegnano quelle trasmissioni in cui un giornalista pone domande al ''vip'' cercando di metterlo in qualche imbarazzo o, come accaduto in una trasmissione in cui al centro ci sono donne, entrando in particolari talmente intimi da essere disturbanti, non per l'intervistata, ma per il telespettatore, al quale poco importa che lei preferisce partner giovani o abbia superato i suoi problemi di dipendenza.