Economia

Salari reali giù in Italia e sfide demografiche crescenti secondo l’Ocse Employment Outlook 2025

Redazione
 
Salari reali giù in Italia e sfide demografiche crescenti secondo l’Ocse Employment Outlook 2025

L’Italia si conferma maglia nera tra le principali economie Ocse sul fronte dei salari reali. È quanto emerge dall’Ocse Employment Outlook 2025, presentato oggi a Parigi. Nonostante un timido recupero nell’ultimo anno, all’inizio del 2025 i salari reali italiani risultano ancora inferiori del 7,5% rispetto al 2021, un calo più marcato rispetto a tutti gli altri Paesi Ocse.

Salari reali giù in Italia e sfide demografiche crescenti secondo l’Ocse Employment Outlook 2025

Il report spiega che, sebbene i rinnovi dei principali contratti collettivi abbiano portato aumenti superiori alla media, questi non sono riusciti a compensare la perdita di potere d’acquisto causata dall’impennata inflazionistica post-pandemia. A inizio 2025, un lavoratore su tre del settore privato era ancora in attesa di un contratto collettivo aggiornato. Guardando al futuro, la crescita dei salari reali si prospetta modesta: gli aumenti nominali previsti saranno del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026, numeri inferiori alla maggior parte dei partner Ocse. Tuttavia, il calo dell’inflazione (prevista al 2,2% nel 2025 e all’1,8% nel 2026) dovrebbe garantire comunque qualche recupero, seppur modesto, sul potere d’acquisto.

Parallelamente, il Paese deve affrontare una sfida demografica senza precedenti. Secondo l’Ocse, entro il 2060 la popolazione in età lavorativa calerà del 34%, portando il numero di anziani a carico per ogni persona attiva da 0,41 a 0,76. Se non si interviene, il PIL pro capite rischia di ridursi dello 0,67% all’anno, penalizzato anche da una produttività stagnante (cresciuta solo dello 0,31% annuo tra il 2006 e il 2019).

L’Ocse invita l’Italia a mobilitare le risorse non sfruttate: colmare almeno due terzi del divario di genere, attivare lavoratori anziani in buona salute e promuovere canali di immigrazione regolare potrebbero arrestare la flessione del PIL pro capite. Aumentare la produttività rimane, però, la vera sfida: se crescesse al ritmo medio degli anni ’90 (circa 1%), il PIL pro capite potrebbe tornare a crescere fino a +1,34% annuo, un traguardo che appare però difficile da raggiungere.

Nonostante queste criticità, il mercato del lavoro italiano ha mostrato segnali incoraggianti. A maggio 2025 il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%, in calo di 3,1 punti rispetto ai livelli pre-pandemici, anche se ancora sopra la media Ocse (4,9%). L’occupazione totale è cresciuta dell’1,7% nell’ultimo anno, trainata soprattutto dalla fascia over 55. Tuttavia, il tasso di occupazione complessivo (62,9%) rimane inferiore alla media Ocse (70,4%). L’inattività, pur in calo, resta elevata rispetto ad altri Paesi avanzati.

Per sostenere un mercato del lavoro più resiliente, l’Ocse sottolinea l’importanza di politiche mirate all’invecchiamento attivo: prolungare la vita lavorativa, investire nell’apprendimento permanente e promuovere ambienti di lavoro inclusivi e sicuri. In Italia, l’età effettiva di uscita dal lavoro resta inferiore all’età pensionabile di circa un anno per gli uomini e due anni per le donne. Solo il 9,9% degli italiani tra i 50 e i 69 anni continua a lavorare dopo aver iniziato a percepire la pensione, contro una media Ocse del 22,4%.

Il report evidenzia inoltre che il 42% dei lavoratori italiani svolge attività fisicamente impegnative, mentre solo il 40% lavora in settori altamente qualificati dove l’esperienza è maggiormente valorizzata. Questo rende ancora più difficile prolungare la carriera lavorativa, in un Paese che dovrà fare i conti con un rapido invecchiamento della popolazione e un potenziale calo strutturale della produttività.

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