Cultura

Quando l'arte si fa resistenza: sulla sabbia di Niteroi un grido acrobatico contro la violenza di genere

Barbara Leone
 
Quando l'arte si fa resistenza: sulla sabbia di Niteroi un grido acrobatico contro la violenza di genere

Sabato scorso il vento atlantico che accarezza Niteroi, nel cuore della costa brasiliana, ha portato con sé qualcosa di più delle consuete risate e dell'allegria balneare. Sulla sabbia ancora calda, davanti allo sguardo immobile del Cristo Redentore che dall'altra parte della baia veglia su Rio de Janeiro, otto corpi si sono levati in volo per raccontare una storia che troppe donne brasiliane conoscono fin troppo bene.

 

Quando l'arte si fa resistenza: sulla sabbia di Niteroi un grido acrobatico contro la violenza di genere

 

Non soltanto uno spettacolo circense, ma un atto di ribellione e bellezza insieme, a cominciare dal titolo "Da soli siamo petali, insieme siamo rose": un manifesto poetico contro la piaga della violenza di genere che affligge il Brasile, e non solo, con una virulenza che non accenna a diminuire. L’inizio è da brivido: una donna che avanza sicura sui trampoli, avvolta in una tuta rosa che sembra sfidare il cielo.

 

Poi, improvvisamente, il crollo. Gli altri interpreti la abbattono, la gettano sulla sabbia in una caduta che ha il peso simbolico di migliaia di storie reali, di corpi violati, di dignità calpestate. È in questo momento che lo spettacolo, con la magnificenza naturale del Pan di Zucchero e del Cristo Redentore a fare da testimoni silenziosi, diventa specchio di una realtà troppo spesso relegata tra le mura domestiche o soffocata dal silenzio complice di una società ancora intrisa di machismo.

 

Eppure, la narrazione coreografica non si ferma alla vittimizzazione. Attraverso movimenti che sfidano la gravità, sospesa tra cielo e terra con cerchi aerei, trapezi e tessuti colorati, la protagonista intraprende un percorso di riappropriazione del proprio corpo, scoprendo nella forza fisica e nell'alleanza con altre donne la chiave per risorgere.

 

E quando torna sui trampoli, ancora più alti di prima, è come se ogni vittima di violenza potesse vedere in quel gesto la possibilità concreta di una rinascita. Rosa Caitanya Hamilton Azevedo, trentunenne che dà vita alla protagonista e che porta nel proprio vissuto le cicatrici della violenza di genere, traduce in parole ciò che il corpo esprime in movimento: "Dopo aver attraversato tutto questo, cresciamo ancora di più. Diventiamo più forti. Non che questo sia un buon modo per imparare a essere donne, ma finiamo per entrarci dentro", dichiara in una intervista ad AP News.

 

Parole che risuonano con quella saggezza amara che appartiene a chi ha dovuto trasformare il dolore in resilienza, imparando sulla propria pelle che la forza non è una scelta, ma una necessità di sopravvivenza. Dietro questo progetto c'è Juliana Berti Abduch, creatrice nel 2020 di "Suspended Circus Acrobatics", anche lei sopravvissuta a quella forma di violenza che lascia ferite invisibili ma indelebili.

 

Il gruppo aveva già presentato nel 2023 un primo spettacolo dedicato alla violenza domestica, e questa nuova produzione rappresenta un ulteriore capitolo di una battaglia condotta attraverso l'arte, quella forma di resistenza che può trasformare il dolore personale in messaggio universale.

 

La Berti Abduch ha intuito ciò che la psicologia e la sociologia hanno da tempo dimostrato, ovvero che il corpo può diventare strumento di guarigione, che superare limiti fisici può significare abbattere barriere emotive. "Dal momento in cui iniziano le lezioni, cominciano a superare i propri limiti. Questo aiuta molto nella vita in generale. Sono certa che il progetto abbia contribuito a far sentire le donne molto più sicure", ha dichiarato dopo il debutto dello spettacolo. Le donne che arrivano al progetto portano con sé paura e trauma, ma nell'imparare a volare, letteralmente, scoprono di poter riconquistare quella fiducia in se stesse che la violenza aveva tentato di annientare.

 

Circa cento spettatori hanno assistito alla performance, un pubblico eterogeneo in cui si mescolavano curiosi di passaggio e spettatori consapevoli, mentre intorno la vita della spiaggia continuava con i suoi ritmi ordinari. Ma in pochi attimi, ecco la magia: l'esibizione, con la sua combinazione di cerchi aerei, trapezi e tessuti che disegnavano nell'aria traiettorie di sofferenza e speranza, ha catturato gli sguardi e toccato le coscienze. Fabiane Curione de Medeiros, tra il pubblico, ha espresso con parole semplici ma eloquenti l'impatto emotivo dello spettacolo: "L'ho trovato di grande impatto. Penso che il messaggio, che le donne devono unirsi e denunciare la violenza, debba diventare realtà".

Perché è proprio questo il nodo cruciale: trasformare la consapevolezza in azione, l'empatia in solidarietà concreta, il turbamento in impegno civile. Durante la rappresentazione, un amplificatore diffondeva dati che avrebbero dovuto far rabbrividire qualsiasi persona dotata di coscienza. Secondo un rapporto del 2025 del Forum brasiliano sulla sicurezza pubblica citato nell'articolo di AP News, più di una donna su tre nel paese è stata vittima di violenza sessuale o di genere nell'arco di un anno, il dato più elevato da quando sono iniziate le rilevazioni nel 2017.

Non si tratta di un'anomalia statistica, ma di un'escalation inesorabile, con un incremento costante di tutte le forme di violenza contro le donne. I numeri si susseguono come una litania macabra, tra le statistiche diffuse durante lo spettacolo emerge che l'anno scorso una donna è stata violentata ogni sei minuti in Brasile. Ogni sei minuti. Il tempo di preparare un caffè, di rispondere a qualche mail, di scrollare distrattamente i social. Ogni sei minuti una donna viene aggredita, violata nella sua intimità più profonda, costretta a portare per sempre il peso di quell'orrore.

Il contesto sociale riflette questa emergenza con una chiarezza sconfortante. Le donne brasiliane affrontano ostacoli significativi nell'accesso ai diritti fondamentali, intrappolate in un labirinto burocratico e culturale che tradisce le promesse della legge. La situazione dell'aborto ne è emblematica testimonianza, formalmente legale in tre circostanze specifiche tra cui lo stupro, ma nella pratica spesso relegato nel regno dell'inaccessibilità. È come se la società offrisse con una mano ciò che sottrae con l'altra, proclamando diritti sulla carta mentre erige muri invalicabili nella realtà quotidiana.

Questa contraddizione si inserisce in un tessuto sociale dove il patriarcato resiste con tenacia, e dove la violenza contro le donne viene ancora troppo spesso minimizzata, giustificata o semplicemente ignorata. Hamilton Azevedo riconosce con lucidità che "lo spettacolo crea un'atmosfera pesante, perché parliamo della situazione. Ma mostriamo anche che esistono percorsi e strategie per contrastarla". 

 È questo equilibrio tra denuncia e speranza che rende la performance così potente, la capacità di guardare in faccia l'orrore senza lasciarsene paralizzare, di trasformare la rabbia in energia propulsiva per il cambiamento. Perché, come sottolinea l’artista, "La performance in sé è una strategia. Volevamo allontanarci da quella tristezza e aggrapparci alla speranza che il futuro sarà migliore. E costruire quel futuro attraverso l'arte, lo sport e l'emancipazione femminile". 

 In fondo, è proprio questa la forza dell’arte autentica: la capacità di specchiare la realtà e, al tempo stesso, di cambiarla con la forza, la tenacia, di un gesto creativo che sfida l’indifferenza. Solo così, forse, un giorno, quelle statistiche atroci che raccontano di un Brasile in cui essere donna significa vivere nel terrore costante diventeranno un mero ricordo. Nel frattempo, le artiste di Suspended Circus Acrobatics continuano a librarsi nell’aria, non solo per se stesse, ma per tutte le donne che ancora cercano il coraggio di risalire sui propri trampoli, trasformando il loro volo in un messaggio di resistenza, libertà e speranza che attraversa oceani e barriere.

 
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