Esteri

New York: la corsa alla poltrona di sindaco mette la città davanti a scelte epocali

Diego Minuti
 
New York: la corsa alla poltrona di sindaco mette la città davanti a scelte epocali

Oggi New York va alle urne per scegliere il nuovo sindaco, anche se il voto anticipato ha già dato il suo responso in termini di partecipazione della gente all'appuntamento elettorale, che la città sta vivendo in modo emozionalmente travolgente e il cui esito avrà ripercussioni anche sul piano nazionale. Come dimostra lo scontato endorsement di Donald Trump verso Andrew Cuomo, l'ex governatore democratico, costretto alle dimissioni per accuse - da lui sempre respinte - legate ad abusi sessuali e che cerca, correndo da indipendente per la poltrona di sindaco, una resurrezione politica.

New York: la corsa alla poltrona di sindaco mette la città davanti a scelte epocali

Ma il fatto che a sconfiggerlo sia stato un candidato giovane, esponente dell'ala socialista dei democratici, per di più immigrato e musulmano, è stato per New York uno shock, proiettando la metropoli in un contesto di scontro che, da essenzialmente politico, con il passare delle settimane è diventato ben altro.

Già il fatto che Zohran Mamdani abbia sconfitto, alle primarie, Andrew Cuomo infliggendogli l'umiliazione di un distacco di 13 punti, è stato un evento inatteso e per questo stravolgente. Ma a pesare sul sentiment che si coglie nella Grande Mela in queste ore è che Mamdani viene dato per favorito e che questo comporterà, se questa ipotesi fosse confermata dall'esito delle elezioni, in un senso o nell'altro una rivoluzione per New York, perché i suoi programmi, sempre che abbia la forza di portarli avanti, sembrano destinati a rivoluzionare la vita di una città che non dorme mai e, quindi, non può dire di mandare a nanna, sia pure per qualche ora, i suoi tantissimi problemi.

C'è comunque, saltando la barriera delle ideologie, chi guarda all'eventuale elezione di Mamdani con timore, una volta messa da parte la curiosità. Parliamo della base economica e finanziaria di New York, quella classe di imprenditori e operatori, l'establishment cittadino, che teme sempre i cambiamenti che, seppure pensati in modo positivo, alla fine possono dimostrarsi traumatici in chi vive coltivando lo status quo.

Perché, come ha scritto il sito Politico (molto ascoltato negli Stati Uniti), ''con la costante ascesa di Mamdani, la classe imprenditoriale di New York è piombata nel panico davanti alla prospettiva che la capitale finanziaria mondiale sia guidata da un socialista democratico che ha promesso di tassare i ricchi – e gran parte della comunità ebraica della città è già sotto shock per la lunga e appassionata storia di attivismo anti-israeliano del candidato -. Allo stesso tempo, Mamdani ha attivato una base di elettori energica e più giovane in un momento in cui la popolarità dei democratici sta diminuendo a livello nazionale''.

Anche se, appunto restando a livello nazionale, l'elezione di Mamdani darebbe sì nuova linfa ai democratici, ma, all'interno stesso del partito, l'ascesa di un personaggio divisivo potrebbe anche non essere gradita fino in fondo, in un Paese che, se è stato pronto ad accogliere un nero alla Casa Bianca, difficilmente accetterebbe di considerare fondamentale, nella vita politica degli Stati Uniti, un musulmano, socialista e, anche, molto giovane (ha 34 anni).

Ma guai a sottovalutare Mamdani che ha dimostrato una grande capacità di aggregare le istanze di un partito, ma anche quelle che arrivano dalle classi meno agiate, senza mai comunque perdere di vista le esigenze di quelli che, alla fine, pagando le tasse, alimentano l'elefantiaca macchina dell'amministrazione locale.
Molte cose comunque giocano a favore del giovane candidato.

Come, ad esempio, il fatto di avere vinto senza relazionarsi (e quindi farsi condizionare da loro) con i pesi massimi locali dei democratici che, dopo averlo praticamente snobbato all'inizio della sua personale campagna elettorale, ora, quando ormai i giochi sono fatti, lo appoggiano convintamente.
Lui, che a dispetto dell'età è abbastanza furbo da capitalizzare qualsiasi risorsa possa essergli utile, dice oggi di essere pronto ad "accogliere le persone in una coalizione", invece di "chiedere loro perché o quando si sono unite".

A fare da zavorra alla corsa di Mamdani, nello stesso istante in cui è stata ufficializzata la sua vittoria alle primarie, è stata la guerra dichiaratagli dagli investigatori della tastiera in salsa Maga, pronti a scandagliare se, quando ancora non era nessuno, abbia detto o fatto qualcosa da ritorcergli contro oggi.

Cose che, peraltro, a meno che non si parli di sesquipedali bufale mediatiche preconfezionate, lui non ha mai smentito, chiedendo comunque di essere giudicato per quello che dice e fa oggi. Fatto sta che l'entourage di Cuomo ora deve fare ammenda per avere sottovalutato l'irruzione di Mamdani nell'agone e, quindi, di non avere scavato su quel che ha fatto negli anni passati, alla ricerca di qualche scheletro da fare uscire dall'armadio.
Ma parlare di problemi del passato è argomento che Andrew Cuomo non è che possa utilizzare più di tanto.

Perché, come ha replicato la portavoce di Zohran Mamdani, Dora Pekec, alle accuse formulate dal suo omologo del candidato italo-americano, ''il problema con Andrew Cuomo non è che non è controllato, è controllato e si potrebbe riempire un libro con la sua lista infinita di scandali e corruzione. L'esperienza che porta con sé sta mandando gli anziani alla morte, togliendo i fondi all'MTA (la metro di New York, ndr) e dimettendosi dopo aver molestato sessualmente 13 donne".

Mamdani, comunque, sembra avere saputo moderare le sue posizioni radicali e intransigenti. Da candidato sindaco sembra avere imboccato la strada del dialogo, guardando con maggiore attenzione al centro del suo schieramento di riferimento.

Quindi, sostegno a Jessica Tisch come capo della polizia di New York e al progetto per la costruzione di nuove carceri in città, che prima avversava, e volontà di finanziare le sue politiche senza aumentare le tasse sul reddito dei ricchi, una posizione che lo allontana dai Socialisti Democratici d'America, suoi alleati.

Il candidato socialista e musulmano è comunque entrato nel mirino di Donald Trump e del suo singolare modo di interpretare il ruolo di presidente degli Stati Uniti, di tutti e non solo dei suoi alletati.
E per farlo, Trump ha minacciato di strangolare economicamente New York, bloc
cando o tagliando i finanziamenti federali se Mamdani vincesse e ''considerando'' l'ipotesi di mandare la Guardia nazionale allo stesso modo con il quale ha ''militarizzato'' le strade di Washington e Los Angeles.

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