Politica
Cara presidente Meloni, accetti le critiche perché "è la stampa, bellezza"!
Redazione
Quando, dopo anni di fatica e sacrifici, si raggiunge la cima è umano che si difenda la posizione conquistata con tutte le forze, nella consapevolezza che gli avversari hanno come principale obiettivo quello di scalzarti.
Ci pare scontato pensare che Giorgia Meloni si trovi in questa condizione, consapevole che, nel momento in cui è entrata a Palazzo Chigi, passando per l'ingresso principale e sedendosi sulla poltrona di premier, si è cucita addosso un bersaglio verso il quale i ''non amici'' - che non significa esattamente nemici - avrebbero cominciato a sparare con tutte le armi disponibili nell'arsenale.
Ma di Meloni tutti conoscono il carattere, l'indocilità ad accettare senza reagire, forgiata in decenni passati a fare opposizione dura, seppure sedendo in Parlamento (anche come ministro).
Ma quella disponibilità a rispondere a tutti, che mostrava quando stava dall'altra parte della barricata e aveva bisogno di avere visibilità, che di lei comunque si parlasse, sembra ormai sfiorita, cancellata dalla tensione del ruolo e dal fatto che, da presidente del Consiglio, forse comincia a diffidare di tutti.
Cara presidente Meloni, accetti le critiche perché "è la stampa, bellezza"!
A cominciare dall'informazione con cui, sin dal suo insediamento, ha mostrato un mutamento di atteggiamento, passando da una generica disponibilità ad una chiusura preconcetta, centellinando, se non addirittura negandosele, le occasioni di confronto con i giornalisti che, dal suo punto di vista, potevano forse crearle delle piccolo difficoltà.
Si spiega forse così la distanza che ha messo tra sé e i giornalisti, probabilmente per evitare che le interviste possano diventare come l'improvvida conferenza stampa di Cutro dove il governo rischiò di essere impallinato da domande che erano scontate e davanti alle quali tutti quelli che sedevano al tavolo dell'esecutivo mostrarono incertezze inspiegabili e imperdonabili.
Quell'evento, che pure poteva essere uno stimolo ad un rapporto costruttivo con la stampa, anche con quella ''schierata'', non è stato sfruttato, scegliendo invece una strada che si è concretizzata in un progressivo appannamento della figura del presidente del consiglio come destinatario naturale di interrogativi sul governo.
Giorgia Meloni ha fatto una scelta strategica, concedendosi solo a qualche intervista fattale da giornalisti a lei e all'esecutivo certo non ostili e che non le hanno posto domande potenzialmente in grado di metterla in difficoltà. Godendo, comunque, di una batteria di media forse più che amici, che quotidianamente ne glorificano ogni gesto, ogni parola, ogni sospiro, creando un effetto straniante del quale il presidente del consiglio, che è donna intelligente e perfetta conoscitrice di tattiche di comunicazione, non crediamo sia soddisfattissima.
Ma, anche se Giorgia Meloni mostra un carattere determinato, decisionista se ce n'è uno, ci si deve chiedere se chi le sta vicino e si presuppone dia anche consigli non sia alla radice delle recenti esternazioni del presidente del Consiglio che, soprattutto dopo il rapporto della Commissione europea sullo stato di diritto nel nostro Paese, hanno ulteriormente allargato il solco tra lei e una parte della stampa (al netto dei quotidiani osannanti di cui sopra) , accusata di intelligenza con il ''nemico'' che, in questo caso, è Bruxelles.
La si può certamente pensare così, ma, nel momento in cui citi i nomi dei quotidiani (alcuni giornali amici hanno indicato, con tanto di generalità, giornalisti accusati di connivenza nella redazione del rapporto), crei una spaccatura difficilmente colmabile. Per il semplice motivo che, essendo espressione di una maggioranza, il presidente del consiglio sa di avere avversari mediatici in campo avverso. In fondo è lo stesso scenario dei premier precedenti che, dai quotidiani di destra, non è che fossero trattati con i guanti gialli.
Un presidente del consiglio - come ogni uomo o donna politici - alle critiche risponde con i fatti, principalmente, ma anche con le parole, con argomenti, con numeri, adducendo certezze.
Accusare non serve a nessuno, persino a Giorgia Meloni che dovrebbe anche distinguere tra media e Rete, perché gli insulti pesanti e ingiustificabili arrivano da quelli che, da casa, davanti ad una tastiera e sperando nell'anonimato, vomitano odio e solo quello.