Non è la prima volta che un monumento viene fatto oggetto di atti vandalici e non è nemmeno la prima volta che questi stessi atti colpiscono simboli e personaggi della nostra storia. Ma l'accanimento che viene, ciclicamente, riservato al monumento che ricorda il martirio di Giacomo Matteotti, assassinato da una squadraccia fascista, è qualcosa di diverso, profondamente diverso perché è l'ennesima conferma di come il nostro Paese non abbia superato divisioni vecchie di decenni e si accanisca verso i simboli della ''parte avversa''.
Quando un Paese non è degno del suo passato e dei suoi martiri
Eppure, per un'Italia che, nella Costituzione, ribadisce l'avversione per ogni forma e colore del fascismo, ripudiando comunque la violenza come mezzo di affermazione di una ideologia o di una politica, vedere ancora una volta danneggiato il memoriale a Matteotti, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, è qualcosa che deve portare all'ennesima riflessione su una ferita che non si riesce a sanare, su una guerra strisciante e non dichiarata tra fazioni che, quando è appena passato l'anniversario della Marcia su Roma, tutto hanno intenzione di fare meno che avviare una stagione di riflessione per giungere a quella pacificazione perseguita e mai concretizzata.
Al momento non si sa chi e perché abbia spaccato le lapidi del monumento, se cioè sia stato il gesto solo di un vandalo o se dietro ci sia una motivazione politica.
Ma oggi, quando la Memoria viene spesso sacrificata a interessi di bottega e ancora si aspetta, in alcune componenti di chi ci governa, una netta presa di posizione contro il fascismo, gesti come quello della scorsa notte non possono essere relegati ad un semplice fatterello di cronaca, perché se l'Italia è quella di oggi, democratica, lo si deve anche al sacrificio di Matteotti, che, sapendo di mettere in pericolo la sua vita, ebbe il coraggio di denunciare le malefatte del regime, sapendo che le sue parole avrebbero segnato la sua fine.
La politica, come sempre, ha reagito.
Il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani ha espresso ''sdegno per quanto accaduto quest'oggi al monumento in ricordo di Giacomo Matteotti. Danneggiare la lapide di un italiano caduto per la libertà di tutti noi è un atto grave. Un attacco alla sua memoria che abbiamo l'obbligo di condannare''. Lo stesso ha fatto Carlo Calenda, che, parlando di ''vigliaccata fascista che va condannata senza indugi'', ha detto di Matteotti che ''continueremo a onorare la sua memoria e il suo sacrificio''.
Per il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, si tratta di ''un gesto vigliacco e inaccettabile. Roma condanna con fermezza questo sfregio alla memoria di uno dei simboli più fulgidi dell’antifascismo e della nostra democrazia'', annunciando l'immediato restauro della targa spezzata.
Sul luogo dove sorge il monumento a Matteotti si è recato anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ha parlato di ''un atto di viltà che inorridisce la nostra coscienza repubblicana e che non deve rimanere impunito”. Poi ha tolto con la mano la polvere che copriva la lastra nella parte che riporta il discorso di Filippo Turati nel maggio del ‘25 , ''Matteotti di noi fu il più giovane, il più prode, il più degno”, per poi baciarla.