Il presidente Mattarella ci ha abituato a toni felpati, da antico protagonista della politica, almeno di quella che si faceva un tempo (quando non c'erano i social) sapendo che l'ultimo e decisivo giudizio spetta agli elettori e che esso - giudizio - non può essere manipolato costringendo i giornalisti in un recinto, fatto di pressioni e restrizioni, ma anche di "tentazioni".
E questo, oggi, in occasione del tradizionale incontro con la stampa parlamentare e quirinalisti di inizio estate, Mattarella lo ha ribadito, ma celando il pugno di ferro, con cui ha martellato certa politica, nel velluto della pacatezza.
Mattarella accanto ai giornalisti: "L'informazione è garanzia della democrazia"
Ma non per questo le sue parole sono state più dolci, perché ha detto cose che, in questo momento, in cui chi esercita la professione giornalistica deve andare avanti, ma anche guardarsi alle spalle, l'informazione rischia di essere condizionata, quando non addirittura silenziata.
Agli operatori dell'informazione Mattarella ha rivolto un forte ringraziamento per "il prezioso e talvolta non facile compito di seguire e interpretare il mondo delle istituzioni e della politica, dandone notizia ai cittadini, esprimendo opinioni, suggerimenti, critiche che – non va mai dimenticato - sono essenziali nella vita democratica".
Perché, ha aggiunto quasi rivolgendosi a chi potrebbe ambire ad appiattire la narrazione di quanto accade, piegandola a fini politici e economici, la democrazia "è, anzitutto, conoscenza", è "contesto nel quale avviene il confronto fra le idee e si esercita il diritto a manifestarle e testimoniarle".
E in questo ha assimilato, ad uno stesso livello, la libertà di opinione con quella di informazione, "cioè di critica, di illustrazione di fatti e di realtà". Un concetto ben chiaro in un momento storico in cui, per quello che possono valere le classifiche che si basano su sensazioni e non su numeri, l'informazione che va contro la narrazione che si cerca di formare rischia di essere messa all'angolo, anche se la sua funzione è imprescindibile se la si considera, questa la definizione di Mattarella, "anticorpo contro le adulterazioni della realtà".
E' stato qui, in questa parte del discorso (che Sergio Mattarella ha fatto leggendone il testo), che il presidente della Repubblica ha preso in esame la contingenza storica che vive il Paese, testimone di una offensiva nei confronti di quei giornalisti che rifiutano verità precostituite o di comodo.
"Si vanno, negli ultimi tempi, infittendo contestazioni, intimidazioni, quando non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Come anche a Torino, nei giorni scorsi", ha detto proseguendo con quello che è sembrato un volere scandire un programma, e non un semplice elenco.
"Documentazione di quel che avviene, senza obbligo di sconti.
Luce gettata su fatti sin lì trascurati.
Raccolta di sensibilità e denunce della pubblica opinione.
Canale di partecipazione e appello alle istituzioni.
Per citare ancora una volta Tocqueville, "democrazia è il potere di un popolo informato".
Per questo, ha sottolineato il Presidente, "ogni atto rivolto contro la libera informazione, ogni sua riduzione a fake news, è un atto eversivo rivolto contro la Repubblica. Garanzia di democrazia è, naturalmente, il pluralismo dell’informazione".
Il riferimento a Torino è all'aggressione subita da un giornalista de La Stampa, picchiato da un gruppo di simpatizzanti di CasaPound. Mattarella ha parlato a distanza di qualche ora dalle dalle parole del presidente del Senato, Ignazio La Russa sull'episodio.
La Russa ha condannato fermamente l'episodio, ma sostenendo che il giornalista non si era qualificato. Argomentazione ("ci vuole un modo più attento di fare le incursioni legittime da parte dei giornalisti. La persona aggredita, a cui va la mia solidarietà, non si è mai dichiarata giornalista. Non sto giustificando niente. Ma sono sincero: non credo però che il giornalista passasse lì per caso, trovo più giusto se l’avesse detto. Ma questo non può giustificare minimamente l’azione violenta"), che ha scatenato le reazioni dell'opposizione che ha ritenuto l'intervento del presidente del Senato quasi giustificativo non della violenza, che ha condannato, ma delle circostanze che l'hanno determinata.
A questo dell'informazione, ha aggiunto Mattarella, guardando ai Palazzi, "le istituzioni della Repubblica devono rivolgere la massima attenzione e sostegno".
In un discorso, che è stato di grande respiro, toccando temi di politica internazionale e dell'obbligo morale di difendere l'integrità di Paesi sovrani aggrediti (come nel caso dell'Ucraina), Mattarella ha quindi parlato del "diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio. Una violenza che da verbale diventa frequentemente fisica", ricordando recenti episodi di violenza nei riguardi di personaggi della politica: Donald Trump, il Primo Ministro slovacco, Fico; l’ex Sindaca ("spero che si possa ancora dire", ha chiosato in una risposta nemmeno tanto indiretta ad una estemporanea iniziativa leghista di vietare la declinazione al femminile di nomi tradizionalmente al maschile) di Berlino, Giffey; il deputato europeo tedesco Ecke.
"È fondamentale e doveroso - ha affermato - ribadire la condanna ferma e intransigente nei confronti di questa drammatica deriva di violenza contro esponenti politici di schieramenti avversi trasformati in nemici. Occorre adoperarsi sul piano culturale contro la pretesa di elevare l’odio a ingrediente, a elemento legittimo della vita: una spinta a retrocedere nell’inciviltà. Si registrano anche un crescente antisemitismo, l’aumento dell’intolleranza religiosa e razziale, che hanno superato il livello di guardia. Un odio che viene spesso alimentato sul web, che va non soltanto condannato ma concretamente contrastato con rigore e severità. Vi sono, in giro per il mondo, molti apprendisti stregoni, incauti nel maneggiare, pericolosamente, strumenti che generano odio e violenza".
Prendendo spunto da questi ultimi ragionamenti, il presidente Mattarella ha forse voluto dare una piccola lezione di diplomazia a chi, guardando lontano dai confini italiani, come ad esempio gli Stati Uniti, si professa tifoso di uno a dispetto dell'altro (che si sia voluto riferire al vicepremier Matteo Salvini, fan sfegatato di Trump?) .
Il presidente della repubblica ha detto di restare "sorpreso quando si dà notizia o si presume che vi possano essere posizionamenti a seconda di questo o quell’esito elettorale, come se la loro indubbia importanza dovesse condizionare anche le nostre scelte. Nessuno – vorrei presumere – ipotizza di conformare i propri orientamenti a seconda di quanto decidono gli elettori di altri Paesi e non in base a quel che risponde al rispetto del nostro interesse nazionale e dei principi della nostra Costituzione. Questo vale sia per l’Italia, sia per l’Unione Europea".