La manovra economica supera il primo vero banco di prova parlamentare, il Senato approva il provvedimento con 110 voti favorevoli, 66 contrari e 2 astenuti. Via libera anche alla Nota di variazione, che registra numeri quasi identici. Il governo ottiene dunque una fiducia larga, 113 sì nel voto specifico sul maxiemendamento, e ora il testo passa alla Camera per l’approvazione definitiva.
Manovra da 22 miliardi, il Senato dà il via libera, maggioranza compatta, opposizioni in trincea
La maggioranza ha rivendicato un percorso parlamentare definito complesso ma ordinato, mentre le opposizioni hanno protestato esponendo cartelli con la scritta “Voltafaccia Meloni”, subito fatti rimuovere. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha riconosciuto che il confronto è stato acceso, ma ha rilevato che alla fine ha prevalso un atteggiamento istituzionale anche tra le forze di minoranza, che hanno contribuito alla regolarità dell’iter.
La commissione Bilancio ha deciso di stralciare cinque norme dal maxiemendamento, tra cui quella che avrebbe sollevato gli imprenditori condannati per aver sottopagato i dipendenti dall’obbligo di versare gli arretrati. Sono stati rimossi anche due articoli relativi alle porte girevoli nella pubblica amministrazione, una disposizione sul fuori ruolo dei magistrati e una sul personale della Covip. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha spiegato che la scelta è stata dettata dall’esigenza di garantire la tenuta costituzionale della manovra ed evitare future censure.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha richiamato il valore complessivo della legge di bilancio, quantificato in circa 22 miliardi. Ha spiegato che l’importo è cresciuto rispetto ai 18,7 miliardi iniziali grazie all’integrazione di nuove risorse per Transizione 5.0, la Zona economica speciale e l’adeguamento dei prezzi. Ha aggiunto che il governo è intervenuto su misure che in passato apparivano irrealizzabili, come la tassazione al 5% degli aumenti contrattuali per i lavoratori con redditi più bassi e l’imposta all’1% sui salari di produttività. In Aula, Giorgetti ha insistito sul fatto che la manovra confermerebbe la traiettoria positiva intrapresa dall’esecutivo negli ultimi tre anni.
Dalla maggioranza, anche il senatore di Fratelli d’Italia Giorgio Salvitti ha rimarcato che il governo avrebbe potuto fare di più senza il peso di scelte pregresse, sostenendo che i numeri certificati da organismi internazionali mostrerebbero un Paese in condizioni migliori rispetto alla narrazione della sinistra. Il vicepremier Matteo Salvini ha escluso contrasti con Giorgetti e ha sottolineato che l’obiettivo principale della Lega era evitare misure che penalizzassero i lavoratori in tema di pensioni, affermando che il risultato finale va nella direzione desiderata.
Di segno opposto il giudizio delle opposizioni. Il presidente dei senatori del PD Francesco Boccia ha definito la manovra incoerente rispetto alle promesse elettorali del centrodestra, sostenendo che il governo avrebbe impedito un vero dibattito parlamentare e portato in Aula provvedimenti che colpiscono pensionati, lavoratori e territori fragili. Matteo Renzi, intervenendo per Italia Viva, ha parlato di una manovra “brutta e senz’anima”, giudicata mediocre e priva di una visione industriale. Ha ironizzato sulla Tobin Tax, ricordando che invece di essere eliminata sarebbe stata di fatto raddoppiata.
Critiche anche da parte di Azione, con Carlo Calenda che ha riconosciuto la prudenza sui conti pubblici ma ha denunciato l’assenza di una strategia sui salari, sulle politiche giovanili e sul rilancio industriale. Per Alleanza Verdi e Sinistra, Tino Magni ha definito la manovra “classista”, accusando il governo di aver peggiorato misure pensionistiche già considerate ingiuste e di aver evitato contributi di solidarietà sulle fasce più ricche. Peppe De Cristofaro ha rimarcato che il ritiro della norma sui lavoratori sottopagati rappresenta un arretramento imposto dalla pressione di sindacati e opposizioni. Anche Alessandra Maiorino del M5S ha insistito sul fatto che la maggioranza sarebbe stata costretta a ritirare una norma giudicata inaccettabile e contraria ai principi dell’articolo 36 della Costituzione.
Non sono mancati rilievi anche dagli enti locali. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha giudicato penalizzante per la città il taglio di 15 milioni destinati alla M4 e ha segnalato che il fondo per gli straordinari della polizia locale in vista delle Olimpiadi non sarebbe utilizzabile dal capoluogo lombardo, chiedendo quindi deroghe o nuove risorse.
La maggioranza rivendica coerenza e responsabilità, le opposizioni denunciano mancanza di visione, penalizzazioni sociali e gestione opaca. La legge di bilancio prosegue il suo iter con un voto che, al Senato, ha confermato una volta di più la tenuta del governo.