Gli ultimi giorni di un anno che, a secondo di quale parte politica lo racconti, è stato esaltante o pessimo, dà l'immagine plastica di un Paese che non sta bene, che non va bene, che non ha molto di cui gioire, se non per qualche indicatore economico che non si traduce certo in quel Regno di Bengodi che i trombettieri della maggioranza celebrano quotidianamente davanti alle telecamere, con una fissità inquietante.
Il governo tiene, ma quanta fatica
A stare a sentire il governo, con ovviamente Giorgia Meloni in primo piano, le cose che l'esecutivo ha fatto nell'arco di tre anni sono state tutte super, al netto delle disponibilità di cassa che non sono mai state tali da consentire di spendere oltre il minimo.
Come fa sempre, e questo è, paradossalmente, un asso nella manica del premier, ma anche il suo grande handicap, Giorgia Meloni ha patito la sindrome dell'assedio. Ma, con i suoi numeri in parlamento e il totale controllo della macchina pubblica (occupata militarmente, con una talvolta imbarazzante dimostrazione di forza, che si traduce nel mandare via ottimi manager per sostituirli con qualcuno che ha come sola nota caratteristica una evidente continguità politica con la maggioranza), parlare di attacchi continui è un modo per prpetrare quegli atteggiamenti barricaderi che avevano ragion d'essere stando all'opposizione, mentre ora sono soltanto lamentazioni senza senso.
Cosa vorrebbe oggi Giorgia Meloni?
Non essere contestata dall'opposizione per quello che fa, ma più sovente per quello che non fa o cerca di fare?
Il caos creato dalle beghe interne alla maggioranza (o, più specificamente, dentro la Lega) non poteva essere ignorato dall'opposizione, che fa solo il suo lavoro, anche se male...
Il tradizionale assalto alla diligenza alla manovra non ha nulla di nuovo o trascendentale, ma sono le modalità a rendere, quello di quest'anno, un concerto stonato, dove i tromboni sono troppi e suonano spartiti diversi.
Se questo doveva essere il governo della coesione, dove tutti remano nella stessa direzione, dove a prevalere è il bene comune, ecco tutto questo non si vede, se non negli occhi di Giorgia Meloni che, forse, dovrebbe dare una regolata al motore, magari cominciando dai suoi due vice che forse hanno perso il filo del discorso, presi come sono da problemi interni ai loro partiti.
Questo Paese ha bisogno assoluto di un governo che vada all'assalto dei problemi e che non ne sia, invece, causa. È una impresa, visto il materiale umano che il presidente del consiglio ha a sua disposizione. Ma forse, per cominciare, basterebbe un segnale, forte e soprattutto manifesto, che dia la certezza che nessuno, dentro la coalizione di governo, possa sperare di fare cassa di consensi dicendo cose contrarie a quelle del premier.