C'è perfetta sintonia, dentro la coalizione di governo, nel rapporto che si deve tenere con la magistratura. Ovvero: nessun rapporto, anche alla luce delle decisioni dell'esecutivo - come la separazione delle carriere, tra funzione giudicante e funzione requirente - che sono state oggetto di contestazioni da parte delle toghe, alcune anche con toni molto accesi.
Il nodo è il rispetto che dovrebbe essere alla base dei rapporti tra poteri dello Stato, che però, ad oggi, è ai minimi termini. Anzi, addirittura sotto quota zero perché ogni decisione dei giudici che non collima con quelle dell'esecutivo costituisce l'innesco per nuove polemiche.
Alcune delle quali abbastanza singolari, come quando si afferma - Matteo Salvini è un convinto assertore di questa tesi - che, se i giudici non riconoscono la liceità delle decisioni assunte dal governo (presuntivamente interpretando una legge o applicandola) fanno una invasione di campo nella politica e, quindi, se proprio non ce la fanno a seguire pedissequamente le indicazioni dell'esecutivo, allora si dimettano e si candidino.
Già questa interpretazione delle prerogative di un magistrato - che ha fatto del diritto e delle leggi la stella polare di ogni sua decisione - è abbastanza difficile da accettare, almeno dei termini dei sostenitori dell' ''allora si dimettano''. Ma che poi ci sia chi vada oltre, assimilando i giudici - ricondotti alla categoria abbastanza indefinita della ''magistratura politicizzata'' - a ''killer'' significa che ormai non ci si pone più alcun limite di giudizio. Oppure che non si conosce bene il significato, intrinseco o manifesto, della parola, che presuppone un profilo strettamente criminale - nel senso che dietro c'è un disegno appunto di questo profilo, non un fatto d'impeto - di chi uccide.
Riportiamo, integralmente, le parole pronunciate da Nello Musumeci (nella foto), che, oltre ad essere ex presidente della Regione Sicilia, è anche ministro della Repubblica.
Per lui ''la magistratura è politicizzata, è sotto gli occhi di tutti. E gran parte dei magistrati che ha fatto carriera in Italia proviene dalle file della sinistra, alcuni erano anche dirigenti delle organizzazioni giovanili. Il magistrato ha il compito di fare il 'killer', la stampa ha il compito di darne notizia''.
Parole pronunciate non davanti ad un consesso di giuristi londinesi - che, forse, frequentando le Royal Courts of Justice, non conoscono bene le cose di ''casa nostra'' e di ''Cosa Nostra'' -, ma in Sicilia, una terra bellissima e affranta da problemi antichi che forse, in tema di magistrati morti per mano della mafia, qualcosa la potrebbe pure dire.
A meno che la memoria non faccia brutti scherzi cancellando di nomi di Giovanni Falconi, Paolo Borsellino, Rosario Livatino, Cesare Terranova, Agostino Pianta, Pietro Scaglione, Gaetano Costa, Giangiacomo Ciaccio-Montalto, Rocco Chinnici, Alberto Giacomelli, Antonino Saetta dal famedio degli eroi civili del nostro Paese.
Parole durissime, che, a giustificazione delle quali, Musumeci non può nemmeno dire che viene da una zona dell'Isola esente da problemi di criminalità. Ma la cosa che stride, in modo evidente, ed anche doloroso, se parliamo di un uomo delle Istituzioni, è che sia caduto nel tranello dell'affermazione di facile presa nell'uditorio, come se avesse detto quel che gli astanti all'evento si aspettavano da lui.
Le sue affermazioni sono andate oltre la semplice riflessione dell'uomo, perché quest'uomo è un ministro della Repubblica che dovrebbe considerare che ogni sua espressione manifestata (quel che pensa e non dice non è affare di nessuno) sarà ricondotta al suo ruolo istituzionale, ma anche al fatto di rappresentare un Paese che di killer ne ha avuti anche troppi.
Lui lo ha fatto - e per questo è stato già criticato - e, per quel che può valere, potrà replicare a chi lo ha contestato.
Certo, poi ha anche aggiunto che ''ci sono decine di casi di uomini e donne della politica, incriminati e sbattuti in prima pagina come mostri, accusati di chissà quante infamie, e dopo anni prosciolti in istruttoria o assolti perché il fatto non sussiste, ma intanto la carriera politica è stata distrutta per sempre'', un tema caro alla classe di chi ci governa dai tempi di Mani pulite e che viene riciclato, magari con parole diverse, ma sempre ritenute attuali, quando si cercano munizioni per sparare contro una categoria. Ma non mirando contro il singolo magistrato, ma sparando nel mucchio. Nella buona tradizione della nostra cara politica.