A parlare male si fa peccato, ma qualche volta si azzecca, diceva uno che dei meandri della politica romana se ne intendeva, avendoli percorsi tutti, sin da quando, ragazzino, frequentava il Palazzo. ''Immobile'' virtuale che Giulio Andreotti non ha mai lasciato nel corso di decenni, se non per andare laddove di politica se ne fa poca...
L'attivismo di Draghi inquieta chi guarda al Colle del dopo Mattarella
Pensare male di chi? Oggi il bersaglio preferito da chi della dietrologia ha fatto un'arte, pur sempre misconosciuta, è Mario Draghi che, come la goccia che scava la pietra, di tanto in tanto fa delle sortite che, sebbene caratterizzate dal tono di voce monocorde - appena rese diverse da una conversazione in fila alla Posta o in banca da un sorrisetto sghembo -, destano clamore.
Non tanto e non solo per la profondità del pensiero e la scelta accurata di argomenti e parole, quanto perché tutti si affannano a farsi la solita domanda multipla: perché, e perché ora?
L'ultima intemerata di ''SuperMario'' si è abbattuta, con una violenza di contenuti per lui abbastanza inusuale, sull'Europa e sul fatto che le sue strutture comunitarie si siano (ma lui lo ha detto con maggiore eleganza) calate le draghe davanti a Donald Trump, che accompagna sempre le sue teorie con insulti, minacce, rappresaglie.
Insomma il classico soggetto davanti al quale chiedersi: mi difendo o lo prendo a cazzotti?
Ma, nella narrazione di Draghi, Trump è un comprimario, un effetto collaterale, perché il vero bersaglio è stata l'Europa, la sua inanità davanti al presidente che cerca di farsi re d'America, la sua pavidità che l'ha portata a cedere un po' su tutto quando s'è trovata a discutere di dazi.
A cominciare dalla difesa di un continente, di centinaia di milioni di abitanti, di una cultura del rispetto che sembra essere uscita dalla Casa Bianca, imboccando la porta riservata a chi porta fuori la spazzatura.
Però, se questo è stato il succo del discorso di Draghi, c'è stato subito chi - sotto l'ombrellone e avendo tra le mani le parole crociate, si porta sempre dietro un libro fondamentale della politica, ''Acca nisciuno è fesso'', di autore partenopeo ignoto - ha cominciato ad arzigogolare sui motivi che abbiano indotto l'ex presidente del consiglio (e con lui il suo impressionante curriculum vitae) ad uscire così allo scoperto.
Ecco allora che, come Aladino dopo avere sfregato la lampada o come la Bella davanti alla trasformazione della Bestia, che è balenata l'interpretazione autentica delle parole di Mario Draghi: è un nuovo tassello dell'autocandidatura al Quirinale. Che è poi come dire che il bimbo di quattro anni che prende a calci un pallone spera di diventare il nuovo Ronaldo (parliamo del Fenomeno e dell' ''altro'' venuto dopo), di Messi, di Mbappé.
La presidenza della repubblica è il sogno di chi fa politica, anche di coloro che al Quirinale possono solo sperare di entrare per il ''festone'' del 2 giugno. Ma Draghi ha tutto per potere aspirare: dal prestigio, alla cultura, alle conoscenze, al rispetto internazionale.
Troppo per chi, invece, guarda al Colle come il completamento di un percorso partitico, un modo per coronare le fatiche per accreditarsi e intessere legami e relazioni.
A chi potrebbe dare fastidio Draghi, considerando che l'attuale composizione del Parlamento indica come papabile un nome caldeggiato dal centro-destra? Mettetevi comodi perché l'elenco è lungo, soprattutto per le motivazioni dei singoli aspiranti che, col secondo mandato di Mattarella, hanno dovuto riporre nel cassetto le loro speranze e che ora si preparano a tirarle fuori.
C'è comunque un ''però'' grande come una casa. Un ''però'' che si deve ricondurre a chi, nelle parole di Draghi, ha visto una finalità che magari non c'è, ma che, tanto per non sapere né leggere né scrivere, si è pensato di tirare fuori per cominciare a bruciare una candidatura che, se resistesse fino alla conclusione del Mattarella bis, sarebbe un ostacolo per molti.
Il tiro incrociato, su ''SuperMario'', è già partito e semmai, in un futuro non necessariamente vicino, dovesse tornare a creare interesse con le sue parole, stati tranquilli che partirebbe un ''ve l'avevo detto'' a livello planetario.