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L’Italia che ancora non vede: la violenza contro le donne cresce dove dovrebbe arretrare

Redazione
 
L’Italia che ancora non vede: la violenza contro le donne cresce dove dovrebbe arretrare
L’immagine che risulta dal rapporto dell’Istat "La violenza contro le donne, dentro e fuori la famiglia - Primi Risultati 2025" è quella di un Paese che, pur avendo ampliato conoscenza, consapevolezza e strumenti di tutela, continua a fallire laddove conta di più, nella protezione concreta delle donne vulnerabili. A emergere con forza è un’Italia attraversata da un fenomeno sommerso, capillare, resistente ai cambiamenti culturali e troppo spesso alimentato dall’intimità stessa dei legami affettivi.

L’Italia che ancora non vede: la violenza contro le donne cresce dove dovrebbe arretrare

Secondo i dati ufficiali contenuti nel documento (p.1-2) sono 6,4 milioni le donne italiane che hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nella vita, pari al 31,9% delle cittadine tra i 16 e i 75 anni. Numeri che impressionano ma non sorprendono, perché descrivono una violenza sistemica, spesso normalizzata, ancora incapace di trovare piena risposta negli strumenti istituzionali.

Il dato più inquietante, messo in evidenza già nelle prime tabelle del rapporto (p.2), riguarda l’ambiente in cui queste aggressioni avvengono, il 63,8% degli stupri è commesso da partner o ex partner. Un numero che ribalta la narrativa ancora troppo diffusa della violenza come minaccia esterna, rivelando invece che il pericolo più grave si annida nella cerchia più familiare.

Preoccupa anche la condizione delle più giovani. Le donne tra i 16 e i 24 anni rappresentano il gruppo più esposto, con un aumento netto delle violenze sessuali dal 17,7% nel 2014 al 30,8% nel 2025 (p.8). Un balzo drammatico, che segnala un clima sociale in cui aggressività, controllo e umiliazione trovano nuovi spazi di espressione anche nelle dinamiche relazionali giovanili.

Il rapporto evidenzia poi una realtà che dovrebbe interrogare profondamente il sistema di protezione: solo il 10,5% delle violenze commesse da partner o ex partner viene denunciato (p.5 e p.11). Nonostante l’aumento della consapevolezza e il maggiore ricorso ai Centri antiviolenza (le richieste di aiuto nel 2025 sono quasi raddoppiate rispetto al 2014, p.10), la denuncia resta un passo ancora percepito come rischioso, inefficace o addirittura pericoloso.

Il sommerso, infatti, è amplissimo. A pagina 11 si legge che oltre il 22% delle donne non ha mai parlato con nessuno della violenza subita. Un silenzio che racconta paura, vergogna, isolamento, ma anche sfiducia nelle risposte istituzionali: tra chi denuncia, la soddisfazione verso le forze dell’ordine cala dal 48,7% del 2014 al 38,2% del 2025.

Altro fronte critico è la violenza economica, ancora troppo poco compresa. I dati (p.13-14) mostrano che il 6,6% delle donne ha subito forme di controllo economico dal partner, tra cui divieti di lavorare, di gestire il proprio denaro o di conoscere il reddito familiare. È un braccio invisibile della violenza, ma devastante, tra chi la subisce, oltre il 53% non ha reddito proprio.

Non va meglio per chi è più fragile fisicamente. Il report rivela (p.10) che il 36,1% delle donne con problemi di salute ha subito violenze, un’incidenza gravissima che mette in luce un ulteriore livello di vulnerabilità.

La parte più dolorosa del documento riguarda i figli.
A pagina 14 si ricorda che nelle famiglie con violenza di coppia, oltre un terzo dei figli assiste o subisce violenze, un dato che certifica quanto la violenza domestica sia un fenomeno transgenerazionale, capace di radicarsi e riprodursi nelle biografie dei più piccoli.

Di fronte a un quadro così nitido, la domanda non è se l’Italia stia cambiando, ma se stia cambiando abbastanza. Perché se è vero che cresce la consapevolezza, crescono le richieste di aiuto, crescono le donne che riconoscono la violenza come reato, resta fermo, drammaticamente fermo, il numero complessivo delle vittime e resta insufficiente la capacità del sistema di protezione di spezzare davvero il ciclo della violenza.

Il 2026, quando arriveranno i dati completi anche sulle donne straniere, ancora più esposte, come ricordato nell’introduzione del documento (p.1), dirà se il Paese è pronto a compiere finalmente il salto di qualità richiesto da anni: trasformare la consapevolezza in protezione, le leggi in atti concreti, la denuncia in un percorso sicuro, e la tutela in un diritto garantito sempre, ovunque, comunque.
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