Economia
Credito in crescita e imprese più solide, l’Italia torna a investire, restano ombre su tessile e costruzioni
Redazione

Segnali di fiducia dal sistema produttivo italiano. Nel primo semestre 2025 gli importi erogati alle imprese sono cresciuti del 13% rispetto all’anno precedente, confermando la ripresa del credito dopo un biennio di rallentamento. L’Osservatorio CRIF sulle Imprese, parla di un tessuto economico più solido, sostenuto da condizioni di accesso al credito più favorevoli e da tassi di default sostanzialmente stabili al 3%.
Credito in crescita e imprese più solide, l’Italia torna a investire
La tenuta delle aziende italiane, osserva CRIF, è tanto più significativa in un contesto segnato da incertezza geopolitica, volatilità valutaria e politiche commerciali restrittive imposte dagli Stati Uniti. Nonostante le tensioni globali, il sistema produttivo ha reagito con resilienza: le Società di Capitali registrano un tasso di default del 3,1% (in lieve calo rispetto al 3,2% di fine 2024), mentre Ditte Individuali e Società di Persone si attestano al 2,9%.
La spinta arriva dai mutui chirografari e dai prestiti, in crescita del 24,5%, seguiti dai mutui ipotecari (+8,6%), che mostrano segnali di ripresa dopo un periodo di stagnazione. Luca D’Amico, CEO di CRIF Ratings commenta così: “Il secondo trimestre ha beneficiato della stabilizzazione dei tassi da parte della BCE e di un clima di maggiore fiducia. Le imprese italiane hanno mostrato una sorprendente capacità di adattamento, ma restano esposte all’evoluzione dello scenario globale e alla debolezza dell’euro nei confronti del dollaro”.
Non tutti i settori, però, condividono la stessa traiettoria. In flessione il tessile-abbigliamento (-7,4%) e le costruzioni (-4,5%), due comparti in cui la combinazione tra crisi strutturale e costi elevati penalizza la redditività. Il tessile soffre la concorrenza asiatica e il boom dell’“ultra fast fashion”, che riduce i margini dei marchi italiani, mentre l’edilizia sconta la fine del Superbonus e un potere d’acquisto in calo, solo parzialmente compensato dagli investimenti pubblici legati al PNRR. Entrambi i settori mostrano tassi di default superiori alla media (4,6% e 4,3%).
In controtendenza, invece, l’agricoltura (+30,3%) e l’alimentare, bevande e tabacco (+27,3%), che beneficiano rispettivamente delle politiche di finanza agevolata e della forte domanda estera, in particolare dagli Stati Uniti. Il comparto agroalimentare, grazie anche all’accelerazione delle esportazioni prima dell’introduzione dei dazi americani, ha ridotto il proprio tasso di default dal 3,7% al 3,3%.
Uno dei dati più interessanti dell’Osservatorio riguarda le imprese innovative. Nello specifico, circa 485 mila aziende in Italia, pari all’8% del totale, trainano oggi la competitività nazionale. Concentrate per il 29% in Lombardia, mostrano una rischiosità creditizia sensibilmente più bassa (2,2% per le società di capitali innovative contro il 3,1% della media). Pagano con maggiore puntualità, crescono più rapidamente e attraggono capitali grazie a una gestione avanzata dei dati, dell’internazionalizzazione e della digitalizzazione.
Tirando le somme, l’Italia, pur tra le incertezze, torna a muoversi. La disponibilità di credito, l’uso dei dati e l’innovazione tecnologica diventano strumenti essenziali per affrontare le sfide globali e rilanciare la produttività nazionale. Come conclude CRIF, la crescita non si misura solo in punti di PIL, ma nella capacità di trasformare l’informazione in fiducia e la fiducia in investimento.