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Immunità per presidenti di Regione e amministratori locali? Siamo alle comiche finali

Redazione
 
In molti si erano interrogati sull'esatta portata delle parole pronunciate da Giovanni Toti, fresco di scarcerazione dai domiciliari, che, davanti alla sua villa, aveva fatto dichiarazioni volutamente criptiche sui rapporti tra giustizia e amministratori, dicendo che la politica prima o poi se ne sarebbe dovuta occupare.
In che modo lo abbiamo capito ora, grazie alla sortita di Matteo Salvini che, in piena sindrome della "fuga in avanti" o, a giorni alterni, del complesso da Deserto dei Tartari (guardando l'orizzonte in attesa del nemico, che non arriverà) , ne ha detto un'altra delle sue, proponendo l'istituzione di un salvacondotto che tenga fuori i presidenti delle Regioni e gli amministratori locali dal pericolo di indagini a loro carico quando queste siano state avviate a pochi mesi dalla fine del mandato. Cioè: allargare, anche se a tempo, agli amministratori locali l'ombrello della non punibilità, di cui oggi godono i parlamentari.
Una cosa che porterebbe l'Italia giuridica alla retroguardia su scala planetaria perché in nessun Paese il sindaco di un villaggio o il presidente di un organismo territoriale più ampio godrebbe delle stesse prerogative di un parlamentare in termini di immunità pensate per consentire loro di esercitare il diritto alla parola e quindi alla critica.

Immunità per presidenti di Regione e amministratori locali? Siamo alle comiche finali

Saremmo i primi nella specialissima classifica dei Paesi che disprezzano il diritto, piegandolo alle esigenze di chi comanda.
Ma a muovere sbigottimento è come Salvini ha spiegato la sua proposta dicendo che, grazie ad essa, in futuro non ci sarebbe altri casi Toti. Ovvero, casi come quello del presidente della Regione Liguria arrestato per corruzione, nei cui confronti, è di tutta evidenza, la procura di Genova ha raccolto elementi inequivocabili per muovere accuse sulla cui fondatezza si dovrà comunque esprimere, nei prossimi mesi, un tribunale. Come è giusto che sia in uno Stato di diritto.

Dice Salvini: "Credo sia giusto pensarci, d'altronde la vicenda Toti è incredibile: è stato liberato solo quando ha scelto di dimettersi. Qualcuno lo ha definito ostaggio della magistratura, direi che è qualcosa di inquietante e mai visto prima. Un precedente pericoloso. E lo dico da imputato, perché ricordo che sono a processo e rischio fino a 15 anni di carcere per aver difeso i confini dell'Italia da ministro dell'Interno. Un'altra vicenda che svilisce la politica e la sottomette a un altro potere dello Stato".

Sarebbe ora utile a tutti che Salvini accantoni la tattica di tirare fuori, un giorno sì e l'altro pure, la sua vicenda processuale, presentandosi all'opinione pubblica come san Sebastiano, infilzato dai dardi di una procura.
E sarebbe opportuno anche che non parlasse del rischio di una sua condanna a quindici anni che sbandiera presentandosi come vittima sacrificale di una giustizia deviata. Anche se l'accusa formulata contro di lui, quella di sequestro di persona è ben grave, riguardando quasi 150 persone che, per quanto irregolari, secondo la procura inquirente, videro la loro libertà impedita.
Ma Salvini è Salvini e quindi coglie ogni occasione che la sorte gli pone davanti per cercare di fare parlare di sé, e poco importa se è pur sempre un componente di rilievo del governo e, nonostante questo, continua la sua crociata contro un altro dei poteri dello Stato, quello giudiziario, che tratta alla stregua di un pugno di mercenari al soldo della politica (ovviamente quella di sinistra).

Poco gli importa di arrivare ad un passo dell'insulto ("A Genova l'invasione di campo di una magistratura pesantemente politicizzata è stata clamorosa e preoccupante") , incurante del fatto che, in questo modo, accusa la procura del capoluogo ligure di avere taroccato le carte pur di mandare in galera Giovanni Toti, che, sostiene il vicepremier, nulla ha fatto, configurando in questo modo un comportamento illecito dei magistrati inquirenti.

Ma la proposta di Salvini, che prevede l'impunità per gli amministratori locali, garantirebbe loro di potere agire impunemente, anche compiendo dei reati, sapendo che, per legge, non possono essere perseguiti, ma nemmeno indagati per la quasi totalità del mandato. Insomma, sarebbe uno stravolgimento del concetto di amministratore al servizio della comunità, dandogli, nel momento dell'elezione, un passaporto versò l'impunità.
Ecco, dopo l'abolizione dell'abuso d'ufficio e i paletti sulle intercettazioni, questo sarebbe il regalo più bello, un Natale che dura cinque anni, esattamente quanto una legislatura.
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