Ambiente & Sostenibilità
Idrogeno, l’Italia rischia di rimanere indietro, costi troppo alti
Redazione

Il mercato globale dell’idrogeno accelera, ma l’Italia procede con il freno a mano tirato. È l’allarme lanciato dall’Osservatorio sul Mercato Internazionale dell’Idrogeno di AGICI, che nel corso del convegno “Policy e strategie per il presente e il futuro dell’idrogeno: è ora di agire!” ha fatto presente che nel mondo i progetti superano quota 3.100, con una crescita del 15% in un anno, e l’Europa guida la trasformazione con oltre il 40% delle iniziative globali. Ma il nostro Paese rischia un gap competitivo difficile da colmare se non verranno introdotti subito interventi mirati e un quadro industriale più stabile.
Idrogeno, l’Italia rischia di rimanere indietro, costi troppo alti
La criticità principale riguarda i costi. In Italia, produrre idrogeno RFNBO costa in media 13 €/kg, il valore più alto d’Europa e nettamente superiore alla forbice 5-9 €/kg rilevata nelle aste dell’European Hydrogen Bank. Un divario che parte da lontano: il prezzo dell’energia elettrica, pur sceso dai picchi del 2022, resta attorno ai 110 €/MWh, ben sopra quello di Germania (77 €/MWh), Spagna (71 €/MWh), Francia (54 €/MWh) e soprattutto dei Paesi nordici (44 €/MWh). In queste condizioni diventa quasi impossibile avviare progetti competitivi rispetto ai combustibili fossili, ancora più economici: il gasolio resta tra 5 e 6 €/kg, il gas naturale tra 2 e 3 €/kg.
Per invertire la rotta, AGICI indica una direzione precisa, servono fino a 4 miliardi di euro di sostegni OPEX tra 2025 e 2030 per centrare l’obiettivo dei 180 kton di produzione previsto dalla Roadmap Italia @2030, pari al 70% del target fissato dal PNIEC. Gli incentivi, in particolare un meccanismo variabile sulla produzione, sarebbero decisivi per sbloccare gli investimenti e ridurre l’enorme divario con i competitor europei.
Il tema non è solo energetico, ma industriale e logistico. I consumi italiani di idrogeno superano i 500 kton annui, distribuiti in modo molto disomogeneo tra Nord-Ovest (129 kton), Nord-Est (46 kton), Puglia (62 kton), Sardegna (68 kton) e soprattutto Sicilia, che da sola supera i 200 kton. A fronte di questa domanda, la produzione domestica, nonostante le risorse del PNRR, è ancora limitata e frammentata, richiedendo una strategia coordinata che concentri gli investimenti nelle aree già attive: raffinerie, poli chimici, porti e distretti industriali.
Secondo Stefano Clerici, Consigliere Delegato di AGICI, l’idrogeno può diventare “una direttrice strategica per la decarbonizzazione dei settori hard to abate”, ma è indispensabile un quadro regolatorio stabile e una governance capace di allineare industria, finanziamenti e normativa. Un concetto ribadito anche da Francesco Elia, Responsabile Hydrogen Unit, che vede nel nuovo schema incentivante “un abilitatore chiave” per avviare i progetti PNRR e creare un track record replicabile su tutto il territorio.
L’Italia, in altre parole, non parte da zero, ma rischia di perdere un’opportunità storica. La sfida dell’idrogeno non è più un tema futuribile, è il terreno su cui si sta giocando la nuova geografia industriale europea. E per non restare ai margini, servono scelte rapide, investimenti consistenti e una visione finalmente unitaria.